07 dicembre 2010

Oggi tutto sfugge.
Rimane solo la banalità di ciò che non va più e del male che lei che non mi conosce mi fa.

Oggi il dolore che sento qui tende all'infinito e non riesco a ridurlo con nessuno equazione di felicità
Oggi ho il fiato corto.
Oggi mi sembra di annegare.
Oggi neanche il profumo di lui attaccato ai vestiti nell'armadio mi tira su.

Oggi sto male doppio. Oggi è tutto pianissimo e poi fortissimo
e io schiacciata in mezzo.

02 dicembre 2010

ammiccamenti ribelli

Ieri non sono andata a manifestare.
Ignava mi dico. Ignava fuori corso.
Ma devo studiare io! Studiare in un’università che non c’è più, ma pur sempre studiare.
Ieri comunque ho combinato poco. Protesta silenziosa, mi dico; ma la coscienza non mi lascia stare.
Esigente lei, io meno.
Sta di fatto che è già oggi e stamattina ero in ritardo.
Pioveva, ero in ritardo, il tram non passava, ho beccato tutte le pozzanghere dagli Eremitani a piazza Mazzini, mi si è rotto un auricolare e mi sono pure scordata di comprare il giornale.
Ecco: fuoricorso, ignava e disinformata.
Ma recupero in pausa pranzo. Panino, acqua, caffè e Il Mattino di Padova.
Lo afferro dall’espositore  dei giornali e non mi accorgo lì per lì dell’immagine in copertina.
Colpevole disinformata, travesto la mia avidità con la noncuranza di un gesto distratto, annoiato quasi.
Ma in realtà voglio sapere tutto di ieri: chi c’era, cosa ha fatto chi, chi ha detto cosa, mentre io me ne stavo chiusa al freddo in  biblioteca.
Il giornale è piegato e stropicciato e io, prima di aprirlo, guardo i titoli sulla mezza pagina iniziale.
Al centro c’è un’immagine: due ragazze con  capelli scuri, lunghi fino alle spalle e mossi, sollevano cartelli con scritto “Ci stanno togliendo anche i vestiti”.
Mi fermo.
Guardo meglio e noto che hanno le spalle nude.
Che freddo – penso io – che mai mi metterei una maglia scollata per andare a manifestare.
Ed è allora che un dubbio si insinua fastidioso: no – mi dico - no, dai. No.
Lenta, lentissima apro il giornale e vedo quello che speravo non fosse: le due ragazze sono seminude. Semi nel senso che l’unico indumento che hanno è il reggiseno. Nero. Entrambe.
Allora, dopo lo sbigottimento iniziale sento montare la rabbia. Tanta rabbia.
Rabbia per le mani degli uomini che prima di me avranno sfogliato quel giornale, facendo pensieri molto poco attinenti con la riforma universitaria.
Rabbia per quelle due ragazze, così poco coscienti del loro essere donne. Non tette, non corpi, non pubblicità.
Perché in fondo è pubblicità che loro sono diventate. La pubblicità, sessista, contro la riforma universitaria.
Rabbia anche perché al posto loro non c’erano due ragazzi in mutande.
Poi però mi hanno fatto anche pena e ho pensato alla gioia inconsistente di vedersi sulla prima pagina del Mattino.
Saranno state loro ad avere pensato la trovata o qualcuno le avrà mal consigliate?
Se anche posso, sforzandomi molto, dubitare riguardo al sessismo del loro gesto, certo non posso farlo sulla scelta di metterle in prima pagina.
E allora mi arrabbio davvero. Anche con me. Io che mi sono scordata di leggere i nomi (o forse non c’erano nemmeno), di scoprire che facoltà frequentano; insomma di vederle come donne e non solo come mezzi busti di carne e capelli neri.
Forse se ieri fossi stata lì e le avessi viste …
Forse se ieri io …
Forse se …
Forse niente.
Il fatto è che io le vorrei donne donne. Non l’altra metà dimenticata. Non oggetti sessuali la cui immagine è governata dai bisogni maschili. Non le ragazze immagine di una protesta che perde così parte della sua nobiltà.
Io vorrei loro con i megafoni in mano, non i soliti maschi  che poi mettono le foto su facebook che fa tanto leader degli anni ‘70.
E allora mi incazzo anche con la sinistra, che non ha mai sollevato il conflitto di interesse e queste ragazze forse sono cresciute a biscottini Plasmon e culi all’ora di cena.
“Non più puttane, non più madonne, finalmente donne” diceva uno slogan femminista.
Ma finalmente quando?! Cosa abbiamo imparato noi ragazze dal femminismo, se nemmeno ci ricordiamo che niente ci è stato regalato, che le conquiste non sono mai acquisite per sempre.
Quei cartelli sono ammiccanti, destano sorrisetti ironici, pruriginosi. Sono furbi, accattivanti e scorretti. Non politicamente scorretti, quello no. Nulla di più ovvio e banale di una bella ragazza svestita.
Scorretto perché anche noi donne studiamo – soprattutto noi donne, dicono le statistiche - e abbiamo il diritto di protestare con serietà e tutta la gravità richiesta dalla situazione.
“E’ così che l’offerta visiva che fa di sé la donna dei primi anni novanta è in totale  contrasto con quello che vorrebbe essere: una donna che ha diritto a tutto”, scriveva Natalia Aspesi nel 1993 e ad oggi poco è cambiato.
Non voglio cadere in facili generalizzazioni.
Si, ok le ragazze svestite erano solo due. Ok magari era uno scherzo. Va bene che era per attirare l’attenzione, va bene tutto.
Ma io non riesco a  non pensare che nelle trasmissioni televisive Mediaset gli uomini sono sempre vestiti e le ragazze mezze nude.
Poi penso che la riforma universitaria è passata.
Due a zero per Berlusconi.

bisogno di bucce

Come odio la parola bisogno.
Ho bisogno oppure ho un bisogno.
Schifo uguale.
Il fatto è che a me non piace aver bisogno, essere dipendente.
Ho bisogno significa che senza quello non vivi.
Significa che ti manca qualcosa, che sei a metà insomma.
Significa che sei fragile, debole, sei imperfetta.
Sei come un'arancia senza la buccia che dopo un po avvizzisce.
Come mi piacciono le bucce. degli agrumi.
Mi piacciono d'inverno sopra la stufa che così fanno profumo in tutta la casa.
profumo di nonna.
Le bucce sono importanti. parecchio.
Le bucce sono lo strato che metto tra me e il bisogno di te.

21 novembre 2010

Siamo in un periodo di involuzione.
"A passo di gambero" diceva Eco.
Ecco vedi se non ho ragione.
L'involuzione di te che involve anche me.
Come una coperta che ti si attorciglia alla gamba e quando ti alzi inciampi su di lei e su di te. Inciampi due volte insomma. E lei mica si molla. Serpente blu con le frange si stringe stretta stretta e un pò ti senti anche bene. Solo un pò però.
Rimane il fatto che involuzione per me fa rima con rivoluzione.

14 novembre 2010

tram tram, dice lui.

Io dico,
incrociare sguardi limpidi e fissarci dentro
il sorriso di lei così pieno anche se non li conosce mica tanto
una castagna sbucciata per me. proprio per me
trovare la strada anche senza leggere i cartelli
lui appeso tra i libri
i melograni pieni che finalmente riesco a fotografare
una bugia bianca
la sciarpa alta sulla bocca perché sto ripetendo la mia parte
lui gazzetta io mattino e il silenzio.
la loro casa senza tende che sa di buono
un'amica nuova che ti vengo a prendere io
la casetta che vorrei e in cui abita lei
annusare con mia sorella la prima aria di neve della stagione
giocare a tabù con sandro penna e demetrio stratos
appisolarsi di sabato mattina tra racconti di sufficiente felicità

ed è solo poco.sai.

13 novembre 2010

non dovrei lo so, non dovrei, ma quando sento: MariaPaola, SofiaAnnalisa, FedericaCarolina, GianVittorio- mi viene da dire "di sti cazzi".
Tolleranza ci vuole. Comprensione.
Comprensione per l'architetto che chiama il figlio Rocco. Fa scic.
Ma il muratore di Veggiano che lo chiama David, fa scic uguale?!

22 ottobre 2010

Com'è banale il momento in cui arriva l'infelicità.
Sei lì che spadelli le zucchine, suona il telefono. Rispondi. Bla bla bla. 
Zac infelicità. 
E mi si sono pure bruciate le zucchine. 'fanculo.


19 ottobre 2010

Ma proprio ora?!

forse sarebbe ora ...
Oggi qualcosa ho fatto. Qualcosina. Iniziato a sciogliere un pò di nodi.
Penso che domani andrà meglio. Sicuramente meglio.
Cammino piano, ma cammino.

"Tu cosa consiglieresti a una tua amica se ti ponesse questo problema?"
Ecco, fai quello -mi dico-

Fallo. 

21 settembre 2010

Questa volta no, ma la prossima forse

Chissà perchè ogni volta rimango delusa anche se dico di non essere una loro elettrice. Chissà perchè ogni volta è per me come se avessero mancato per l'ennesima volta l'ultima possibilità che gli davo.

Quanti italiani hanno letto il documento dei 75? Azzardo: pochi, pochissimi. E allora cosa passa di tutto l'empasse ai cittadini? Passa solo la conferma di un partito che nel momento di massima crisi dei suoi avversari, invece di rassicurare gli elettori con una presenza certa, da un lato proclama l'ennesimo progetto politico (il grande ulivo di Bersani) e dall'altro promulga un documento che critica la precedente opzione.
Ora io, che il documento l'ho letto, ritengo che (checchè ne dica monsignor Franceschini) non sia poi così pessimo: dice e ridice cose ovvie (programma politico concreto, elenco dei problemi del paese bla bla bla) e poi critica l'eterogeneità, il vecchiume e la mancanza di decisione del partito.
Mi chiedo: questa riflessione non poteva essere fatta all'interno del partito?
Io che di politica attiva ne so poco, penso,forse ingenuamente, che sarebbe stato molto più agevole ed elegante parlarsi viso a viso, o perchè no indire una bella assemblea, cosa di cui il pd va molto orgoglioso. Lo stesso Bersani ha infatti detto "''Noi abbiamo i posti per discutere delle nostre cose".
Non credo però che questo documento sia liquidabile con un "è come guardarsi la punta delle scarpe invece che rimboccarsi le maniche", come ha detto il suddetto segretario.
Penso piuttosto che la riflessione sia buona ma sia sbagliato tutto il resto: tempo, modo e stile.
Il tempo non poteva essere più sbagliato. Non sono una stratega della politica ma mai mostrerei il fianco (delle divisioni interne) al mio avversario(e sopratutto ai cittadini-elettori) nel suo momento di debolezza, così come non mi metterei a fare la pulizie di primavera nel momento in cui sarebbe invece necessaria prontezza e presenza. Non intendo dire che la riflessione sullo stato di salute del PD e sui suoi problemi di identità non vada fatta, dico solo che andava fatta o prima (quando era segretario Veltroni, ad esempio) o dopo.
Credo che, così come me, ci siano tantissime persone che criticano il PD per la sua inconcludenza ma dentro di se, in fondo in fondo sperano sempre che risorga, che si meriti il loro voto. Siamo esuli e come Ulisse vorremmo poter tornare, ma una casa invasa dai proci non è accogliente per nessuno.
Veltroni critica i proci ma lo fa senza stile, dimentico di essere (stato) "procio" pure lui.
Posso immaginare (anche se non sono così sicura sia il caso di Veltroni) che l'urgenza di cambiare le cose, di farle funzionare, sopratutto quando c'è più bisogno che funzionino, renda necessari certi atti, ma una cosa sono le motivazione e un' altra la percezione esterna delle stesse.
Qui dal basso sembra l'ennesimo atto di protagonismo dell'ex. Si aggiunga il fatto che la lettera del documento è ignoto ai più ed ecco fatta la frittata: "Veltroni! Ancora in giro, non può stare a casa sua e non rompere i coglioni!"
Quante volte l'ho sentita questa frase in questi giorni. Ed è davvero così che il suo gesto è stato  recepito.In questi giorni "senza stato" siamo tutti con i nervi tesi, immobili quasi il nostro stare in apnea servisse per tenere in bilico (su cosa poi non lo sappiamo più nemmeno noi...) la nostra nazione, ed ecco ti arriva, non un nemico, ma Walter, e fa traballare tutto.
Io lo so che è vero quello che i 75 hanno scritto ma, davvero, non era il momento. Siamo stremati, stanchi, sull'orlo delle lacrime perché QUI non c'è più nessuno! Non ci bastano i grillini e nemmeno ascoltaàme-Di Pietro. Ci serve la sinistra. Non UNA sinistra, ma LA sinistra.
Io posso anche concedere il beneficio del dubbio a Walter e co., ma non riesco a non mettere in connessione il documento con la questione del nuovo candidato premier e della sua coincidenza o meno con la carica di segretario. E questo mi fa ancora più arrabbiare perché io credo alla necessità di cambiamento esperessa dai 75.
Ho infatti la sensazione abbastanza netta che questo sia l'ennesimo atto di protagonismo e propaganda personale di un politico italiano e sono davvero stanca di sentire masticare le idee solo per avere una scusa per parlare di se (Casini docet). Della querelle, a distanza di pochi giorni, è infatti rimasta aperta solo la questione del papa straniero piuttosto che quella del ripensamento del partito.
E così siamo da capo: "Ah io se domani andiamo alle elezioni mica li voto" dico io ... ma se facessero qualcosa di buono, anche piccolo piccolo potrei pensarci ...

(Ah e poi ci mancava l'idea del papa straniero! Ma vi pare che i cittadini, a cui la vostra incapacità da politici navigati è ben nota, andranno a mettersi nelle mani di uno che di politica non ne sa niente?! Solo chi pensa con il culo può ritenere auspicabile una cosa del genere. Ma come è pensabile che gli elettori gioiscano per l'avvento di uno (tra l'altro il lessico stesso già esclude la possibilità che sia donna) che nemmeno conoscono? E' forse questa la timida ammissione del fatto che, si, sarebbe meglio andaste tutti a casa? Beh allora fatelo. Ma voi e pure il papa straniero insieme mi pare un pò troppo)

16 settembre 2010

La ricetta per un risveglio ... di merda


L'estate mi ha portato risvegli terribili. E la colpa non è stata solo di mia madre, ma anche di Pierluigi Diaco che è stato il presentatore di Uno Mattina Estate, la versione estiva del contenitore mattutino della prima rete.

Io Diaco nemmeno sapevo chi fosse. Ieri però guardando su wikipedia ho scoperto che in realtà avrei dovuto ricordarmi la sua faccia perché aveva presentato tutta una serie di trasmissioni tra cui Generazione X con Ambra Angiolini di cui sicuramente qualche puntata avrò visto (nel lontano 1996...beata innocenza!).
Pur non ricordandomi affatto di lui ho subito notato che il personaggio era degno di osservazione. Per intenderci: l'osservazione che riservo a Facci, Del Debbio e si, lo ammetto pure Fede una o due volte la settimana ... per la serie conosci il tuo nemico o ancora meglio "rimani con i piedi per terra". Cosa confermatami dal suo curriculum: dal 2000 collabora con "Il foglio".
Fatto sta che come una novella esploratrice mi sono, mattina dopo mattina, appostata per almeno mezz'oretta sul divano per osservare questo (aimè non raro) esemplare di homo servus.
Fedele all'idea che prima di criticare bisogna conoscere, ho lasciato passare molte (penose) mattine prima di permettermi di formulare un giudizio. Ora però mi sembra davvero giunta l'ora:
Diaco è un giovane (neanche tanto) uomo del regime (qualunque esso sia), che, pur di favorire il padrone si presta a tutto: odi e lodi esplicite delle posizione del governo, manipolazione degli ospiti e delle loro parole per far si che corrispondano alla sua idea di giusto e sbagliato (cfr. intervista a un tizio rom scelto perché sosteneva gli sgomberi e Diaco che si spertica in applausi), approccio da edificante maestrino che concede il pat-pat sulla spalla all'ospite che risponde bene, produttore indefesso di battute sciocche e sessiste, vittima della sindrome "mi odiano perché sono controcorrente e dico le cose come stanno". A questo si aggiunge il fatto che non è bello, non è colto, non è simpatico, parla a vanvera e spesso dice cose palesemente errate. Qui sotto ho riportato un articolo di Aldo Grasso pubblicato sul Corriere della Sera il 18 giugno e intitolato "Il paraguru".
Si potrebbe parafrasare l'opinione che Aldo Grasso ha di Diaco con la frase che Bossi dedicò a Miglio, il teorico della lega nord (ma adesso, magnanimi, gli dedicano una scuola) : "una scoreggia nello spazio".
Concordo e tuttavia non credo che lui finga di avere un pensiero che non ha. Credo che lui abbia scelto di intraprendere una carriera precisa, per altro difficile perché la concorrenza è tanta, anzi tantissima. Lui ha deciso e si sta spendendo al massimo per raggiungere quell'inarrivabile vetta. Diaco vuole essere l'erede!
Secondo me con l'accusa di abuso di potere già quasi ci siamo, ci manca solo quella di favoritismo, qualche multa dall'Autority per violazione della par condicio (che non ha ricevuto solo perché non eravamo in campagna elettorale), due tre querele e poi, caro Diaco, la (fanta) direzione del TG4 è tua!


«La sveglia delle 4.30 del mattino mi ha regalato un privilegio senza pari: il silenzio della preghiera. Anche la statua di Pasquino, che mi guarda dalla piazza omonima quando apro le finestre, mi saluta con la sobrietà che meritano i primi istanti dell'alba. La vita è una meraviglia e Dio è sempre più rock. Grazie a Uno Mattina».







Pierluigi Diaco
Pierluigi Diaco
Sono queste le parole più sincere che Pierluigi Diaco abbia mai pronunciato in vita sua, anche se è difficile capacitarsi della sua presenza sul Foglio. Ringraziare Dio per aver finalmente coronato un suo sogno: condurre un programma su Raiuno. La storia di Diaco è la storia esemplare di una resistibile ascesa sociale nel demi-monde della tv romana, cominciata prestissimo con una raccolta devozionale degli interventi di Sandro Curzi (non è il solo danno combinato da quel vanitosone, pace all'anima sua) e proseguita poi con serrati corteggiamenti ai Veltroni e ai Fassino ma anche ai Belpietro, ai Costanzo, alle De Filippi.
Il ritratto più riuscito di questo blando avventuriero del piccolo schermo lo si deve a Filippo Facci: «Pierluigi Diaco, professione giovane e dj, creativo, nientologo del tutto, tuttologo del niente». Assolutamente privo di ironia, corteggia spudoratamente la banalità e programma con pignoleria la sua carriera: cerca di entrare nelle grazie di chiunque detenga un potere senza mai dispiacere l'interlocutore, inondandolo anzi di melassa e di condiscendenze. Le doti principali di Diaco sembrano essere appunto l'adulazione e l'opportunismo: è di sinistra ma anche di destra (lavora per la radio «giovane» del ministro Giorgia Meloni), dice di amare le donne ma anche gli uomini, parla da orecchiante ma anche da cultore di idées reçues, espresse preferibilmente in un italiano incerto. È giovane ma anche vecchio. Non ha un pensiero, ma finge di averlo, come tutti i cosiddetti opinionisti tv, insomma è un perfetto para-guru. Il conduttore ideale di questa Rai.

14 settembre 2010

E lo chiamano amore ... la cittadina che si aspettava troppo

La conferenze e i convegni che hanno come tema la violenza sulle donne a me personalmente hanno stancato. Sempre le stesse facce, i soliti discorsi, le solite conclusione. Trovo che si potrebbero cercare altri linguaggi e altri contesti per lavorare sull'argomento...
Nonostante ciò domenica pomeriggio ci sono ricascata:
Padova. Ore 18.00 spazio dibattiti della festa democratica, presso i Bastioni Santa Croce di via Marghera.
Titolo dell'incontro: "E lo chiamano Amore ... la violenza alle donne, come contrastarla".
Leggo l'invito su Facebook e penso "Bello sto titolo! Finalmente qualcosa di ... non nuovo ma comunque meno retorico".
Quest'estate la tv per affrontare il tema del femminicidio, quotidianemente presente sulle pagine dei giornali (non perché piaccia a qualcuno parlarne ma perché è morta quasi una donna al giorno), ha ben pensato di proporci trasmissioni e approfondimenti dai titoli imbarazzanti come "Amore criminale".  Titolo ad effetto, ma, come diceva saggiamente Nanni Moretti in "Palombella rossa", le parole sono importanti! E in questo caso è importantissimo non confondere un rapporto violento con l'amore.
Insomma, forte di tutto queste riflessioni decido di ritentare la sorte e andare alla festa democratica.
Arrivo puntuale e sul palchetto non c'è ancora nessuno. Noto però che le sedie dello spazio dibattiti sono occupate dal PD padovano quasi al completo. C'è pure il sindaco.
Stanno ascoltando, tutti assorti,  il discorso conclusivo di Bersani alla festa democratica di Torino.
Mi sembra quasi di disturbare. La voce di Bersani arriva da due casse messe ai lati del tavolo. Non c'è neanche un video. Neppure una cavolo di connessione per vedere il discorso via internet. Che noia -penso- io che, evidentemente, non sono abituata alla devozione del militante.
Finalmente Bersani saluta i "compagni" e piano piano gli uomini che occupavano la platea del piccolo spazio dibattiti se ne vanno per lasciare il posto a una trentina di donne tra i 50 e i 70.
Bene sono nel posto giusto.
Arrivano anche i conferenzieri: Patrizia Zantedeschi - Centro veneto progetti donna, Marco Calì - vice questore di Padova, Fabio Verlato - assessore alle politiche sociali del comune di Padova, Milvia Boselli - delega alle pari opportunità per il comune di Padova, Pietro Ruzante - consigliere regionale  del PD. Moderatrice Antonia Maddalosso - PD.
Prendo posto: terza fila penultimo posto sulla sinistra così vedo bene ma non mi si nota.
Comincia la Zantedeschi: "il 32 % delle donne tra i 16 e i 60 sono vittime di violenza fisica, sessuale o psicologica e nel Veneto il 44% delle vittime di omicidio sono donne uccise da familiari".
Nessuna delle mie "compagne" uditrici sobbalza o si scandalizza.
Continua: " la necessità in questo momento è quella di mettere a punto situazioni di protezione con la maggior rapidità possibile e per fare questo gli strumenti in nostro possesso sono ancora inadeguati."
Giustissimo, com'è giusta la sua richiesta di una legge regionale perché non ci siano disparità territoriali nel modo di affrontare la situazione.
Segue Calì che insiste sulla necessità di fare rete perché tutti gli attori presenti sul territorio si coordinino e attuino metodologie condivise e consapevoli. La polizia - dice - sta facendo la sua parte e nel nucleo speciale che si occupa di violenza sulle donne ora ci sono (ben) due poliziotte.
Tocca a Verlato che solleva subito il tema dell'educazione dei ragazzi rispetto alla violenza di genere.
Bene - penso- la cosa si vivacizza.
Continua ponendo la questione della necessità di un cambiamento culturale e cita la pubblicità di sisley e i commenti di Bruno Vespa durante la premiazione della vincitrice al premio Campiello. Esempi di degrado dell'immagine femminile che stridono così tanto con i dati estivi della violenza in aumento.
Verlato parla persino delle vittime di tratta e del problema del taglio dei fondi da parte della regione e lo fa senza la solita retorica da politico.
Anna Milvia Boselli sostiene, anche lei, la necessità di una legge regionale sopratutto alla luce del fatto che il Veneto è la seconda regione italiana per casi di violenza.
Padova, da parte sua -dice- sta facendo molto perché ha promosso una rete forte con tutti i soggetti istituzionali e socio-sanitari coinvolti e ha avviato un progetto per una casa di fuga e per 2 appartamenti finalizzati al reinserimento sociale e lavorativo.
Tocca infine a Ruzzante che inizia con una frase ad effetto: " Il tema della violenza sulle donne deve diventare centrale nella politica del PD perché su questo si misura la democraticità di una società."
Da vero politico Ruzzante non si lascia sfuggire l'occasione per parlare, si, di donne ma anche per dare stoccate, tanto in regione quanto al governo, agli avversari politici e si assume infine l'impegno di depositare la tanto citata legge regionale.
Conclude: "C'è bisogno di una società nuova, una società vista con gli occhi di una donna e quindi più pacifica, meno violenta, più attenta ai diritti delle donne e dei bambini." Disappunto.
Le due amiche e l'amico che mi hanno accompagnato scuotono la testa. Le avevo convinte a seguirmi promettendogli un dibattito interessante e sopratutto non autoreferenziale, come invece si è rivelato.
A me interessa sapere cosa sta facendo il comune di Padova, quali sono gli attori coinvolti o come si può migliorare la legislazione. Interessa a me, come alle solite signore che vedo alle solite conferenze sulla violenza di genere. Ma tutte le altre donne e uomini che a queste conferenze trite e ritrite non vengono? A quelli avrebbero dovuto arrivare i conferenzieri, ma vista la rapidità con cui le mie amiche e il mio amico mi hanno detto "bene, andiamo a prenderci uno spritz" mi sa che non ci sono riusciti nemmeno questa volta.

(non) ho la vedenza

Ma vorrei averla.
La vedenza è la capacità di sapere in anticipo cos'è giusto e cos'è sbagliato, capire le situazioni e additare, senza nessun dubbio, vinti e vincitori.
La vedenza ti permette di aprire un quotidiano e capire tutto, ma proprio tutto.
La vedenza ti fa scrivere approfondimenti bellissimi e giudizi insindacabili.
La santa vedenza ce l'ha solo padre maronno, ma io mi accontento della vedenza semplice. Liscia. Dry. Senza aggettivi insomma. Almeno quella ... dai almeno quella?!