25 settembre 2012

Ale ieri, chiaramente prima che si sbronzasse di whiskey e iniziasse a bestemmia e battere i pugni sul bancone chiedendone dell'altro, ieri Ale ha detto una cosa vera: che la fine delle cose belle non si preannuncia mai, non da il preavviso, non bussa ne manda avvertimenti.
Oggi c'è e domani manco te ne ricordi più di quel senso di familiarità lì.
Lui si riferiva alle nostre cene tra ex colleghi, io no.
Io lo ascoltavo, annuivo e dentro di me pensavo ad altro.
Pensavo che so a memoria i posti in cui parcheggi e che anche ieri ho fatto il giro lungo per prendere la tangenziale e un po' ho gioito che le tue finestre fossero chiuse e la macchina posteggiata alla fine della via e tu a letto, morbido col naso chiuso.
Io pensavo che il 25 agosto stavo sul tuo divano e poi sul letto e poi in tutti i posti della casa dove facevamo l'amore, e poi basta.
Io pensavo che venerdì aprivo i cassetti sapendo dove trovare le cose, piegavo lenzuola sapendo dove riporle e che oggi già non lo faccio più e forse nemmeno domani e mai.
E poi ho pensato che forse tiro il fiato se penso che come vale per le cene così vale per l'amore. Che prima c'è e poi non c'è più. Che ci trovavamo ogni settimana e poi siamo esplosi come il mercurio del termometro che lo rompevo apposta per vedere l'effetto che faceva e toccarlo anche se mia mamma diceva no.
Provaci tu a rimettere insieme un termometro!
Ci si vota all'insuccesso e poi, come dicono loro, la si chiama sfortuna, così, tanto per sentire meno male.

16 settembre 2012

Cose che non ricordo più

Sai quella sensazione di tornare a casa?
Annusare odori familiari quando appoggio la testa sul petto perché sono bassa e generalmente al collo io nemmeno ci arrivo.
Toccare schiene di cui conosci la consistenza, la disposizione delle costole.
Sapere esattamente quanti strati troverai tra pelle sua e mani tue.
Sentire che è li che devi stare, che non c'è altro posto per sentirsi così, per amare così, per essere amata così, per essere te, sopratutto.
Sai quella sensazione di tirare il fiato perché finalmente sei arrivata?
Abbracciarti e appoggiare la valigia, lasciarsi andare, non pensare.
Spogliarsi di tutto quello che ogni giorno mi metto addosso per andare là fuori, per convincermi, indolente, ad andare la fuori a camminare, sbattere la testa, cadere, camminare, ancora e ancora.
Chiudere gli occhi e sentire che ogni muscolo si lascia andare
peso morto su di te e quasi appoggio i piedi sui tuoi e mi lascio camminare, ti lascio fare perché ne ho bisogno, perché stretta lì non si può fare altro.
Lasciarsi accarezzare,
restare immobile a sentire tutto quello che c'è dentro l'immobilità, dentro il silenzio, nell'assenza del superfluo.
Sentirmi nella tua pelle, nel tuo odore, nella tua stretta
resto ferma. finalmente.
fermami.
permettimi di fermarmi.