30 dicembre 2011

l'incoscienza delle bollette

Eravamo sedute intorno al tavolo e lui e entrato.
Strano, ho pensato, non mi ero nemmeno accorta del rumore dell'auto.
Lui è entrato e si è messo ad aprire la posta con gesti convulsi e autoritari, come se nel diritto di aprire la posta per primo ci fosse tutto il suo ruolo di padre.
Lui era lì con il foglio piegato in tre tra le mani e a me sono venute in mente le bollette del telefono.
Si, quelle che arrivavano tutti i mesi...non che oggi non arrivino, certo che ce l'abbiamo ancora il telefono! 
Ma oggi paghiamo il canone e, al massimo massimo, qualche telefonata alla nonna o alle zie.
Una volta invece le bollette del telefono erano il mio incubo
Ricordo che sapevo a memoria quando sarebbe arrivata, me lo segnavo sul diario e per qualche giorno, prima del temuto evento, cercavo di telefonare meno...anzi no, probabilmente evitavo di farmi vedere al telefono quando i miei erano in casa, così la mia faccia scioccata-scossa-innocente-dolente, all'arrivo della bolletta sarebbe stata più credibile...se se.
Loro non ci cascavano mai comunque.
Avevano pure chiesto alla telecom di notificare i numeri chiamati. 
E te pareva. Logico che era colpa mia, cioè così non vale, troppo facile!
Telefonavo tanto, tantissimo; alla Meg sopratutto. Ore di telefonate a parlare di niente...che poi allora era tutto. Che bello a ripensarci ora.
Bella pure la stretta allo stomaco mentre la punta del coltello stracciava la carta della busta.
Bello sentire pronunciare il mio nome in quel modo lì...che tanto lo sapevano, ma il rimprovero me lo dovevano fare lo stesso.
Ricordo che la sorella della Meg aveva ricevuto una bolletta da un milione, all'epoca, di lire, e suo papà aveva bloccato le telefonate per i cellulari che costano tanto adesso, figurati all'epoca.
Che bello bloccare le chiamate ai cellulari però.
Che bella l'attesa, il panico del "ma ti rendi conto" e poi rifarlo di nuovo uguale uguale...magari per un giorno o due ti controllavi e poi chissenefrega fino alla prossima bolletta.




24 dicembre 2011

A Natale non si dicono le bugie.
Che poi, se ci pensi bene, Natale è il periodo in cui se ne dicono di più.
si, certo, bugie bianche...ma sempre bugie sono!
Babbo natale che porta i regali a tutti in una sola notte, per di più, passando per il camino!
E chi non ha il camino?
Ma per la canna fumaria condominiale è ovvio!
Poi c'è la befana che anche lei lo sanno tutti che ama i camini, e vola sulla scopa...
tutto in una notte, tutto da sola lei, mica come Babbo Natale che cià gli aiutanti!
Sarà perché è una donna o forse solo perché le calze pesano meno dei pacchi?
Sessismo contro razionalità? mah

Fatto sta che le bugie c'è chi le dice anche a Natale.
Ma è per il tuo bene!
Si lo so...o forse no!
Oggi le bugie mi tirano giù, mi inchiodano i piedi, mi sfiancano...
Oggi le bugie sono nei vostri sguardi imbarazzanti, nei suoi silenzi, in lei che mi dice le cose solo di fronte all'evidenza...
Ma io seguo le tracce...che poi sono briciole di crostata ripiena al cioccolato.

21 dicembre 2011

di spalle

La mia preferita è quella di spalle. Tu buio e fuori chiaro.
Lavi i piatti, un piatto solo anzi.
E c'è il rubinetto, che poi si chiama miscelatore, dell'ikea, quello fatto strano.
Vedo i peli sulle tue braccia, o forse li immagino...mi pare di sfiorarli. Biondi, morbidi.
Fuori è brullo, selvaggio, direi inospitale se non amassi i paesaggi mediterranei, quelli che quasi sgomentano...e tu dentro così scuro sembri una figurina; non un uomo ma una sagoma a due dimensioni.
Eppure la guardo e penso: casa.
Tu sei casa.

Avanzo piano, cerco di non fare rumore ma le assi scricchiolano...
Per fortuna il motorino dell'acqua fa più rumore, ti distrae...e io avanzo ancora un po'...
furtiva, tento di vincere la mia goffaggine...
cammino nella tua ombra quasi fosse garanzia di invisibilità...
ti arrivo alle spalle e mi appoggio piano: testa contro scapola, pancia contro culo
ti stringo
sento la pancia morbida sotto le mani
buongiorno
che bello che sei appena svegliato
stiamo così, ti prego non ti muovere
lo so che il piatto è pulito ormai, ma tu continua, continua a lavarlo
fingi che non hai finito,
fingiamo che fuori sia ancora buio
se vuoi torno a letto e rifaccio tutto da capo
ma tu stai qui, non ti muovere
sei così bello di spalle.

19 dicembre 2011

presentazioni

Come si fa a raccontare l'abitudine? Qual è il segnale, il suono, che dice che c'è?

Forse non parla, ti guarda un po' così, con quel sorriso a metà tra l'attonito e lo stupito...ti guarda mentre te ne stai seduta in divano a ordinare mentalmente le cose da fare.
Sei lì e lei compare al tuo fianco e ti guarda...ti guarda e basta.
Tu la guardi...ti stupisci del tuo stesso sguardo che non la trova più così spaventosa, così estranea.

Ciao! Come ti chiami?
Luichenonc'èpiù
Ciao Luichenonc'èpiù, io mi chiamo Silvia, Cibi se vuoi.

Il divano è grande ci stiamo entrambe.
Le fai posto.
Ed è fatta.

18 dicembre 2011

lezione di sentimenti 3

La domanda è: come amiamo?

E' una domanda personale, da fare a quattrocchi, intenda privata, spaventosa e necessaria. E' anche una domanda per il mondo, rabbiosa, respingente, esigente, difficile. L'amore non è sentimentale. L'amore non è la seconda scelta. Le donne dovranno alzare le braccia armate in difesa dell'amore. Prendimi tra le braccia. Non abbiamo altro luogo che questo?

Io non lo so come amo. E ho scoperto che molte donne intorno a me non lo sanno. Sanno poco dell'amore intendo.
E' strano ma a venti, trenta, quaranta, cinquanta c'è sempre il medesimo stupore, lo stesso spaesamento e pure la stessa frustrazione. Ci si riscopre piccole, indifese, sciocche anche. Bisognose di recuperare, di dare di ricevere, di vivere sopratutto. E allora riprendiamo in mano le cose, le facciamo e le disfiamo per darci un senso, per trovarlo, o, quanto meno, per convincerci che c'è.
Ci svegliamo a venti, trenta, quaranta, cinquanta, estranee nel nostro letto, come se di notte ci avessero trapiantato occhi nuovi.
E' l'amore che ritorna, che viene a saldare i conti...con te e anche con lui. Perché l'amore è sempre uno più uno, che poi fa due, lo so.
L'amore vale doppio perché ha due facce e non dai senso alla prima se non guardi la seconda, se non tieni conto che c'è.
L'amore non viene portato per vent'anni, tredici o cinque da due spalle sole...lo trascinano, per un po' questo si, ma poi lo posano e subito dimentichiamo.
L'amore va difeso. Difeso da noi. Dalle nostre paure.
L'amore è ostinazione, è dare senza avere, è perseverare su di te e su di me.
Perché non c'è altro, non vale nient'altro.
L'amore è dovunque: quei due che si baciano avvinghiati e fingi che ti disgustino, lui che furtivo la trascina su per le scale e poi tu che passi e fumare li vedi. Che invidia.
L'amore è in lei che parla sempre di quello che le scrive ma “mica gli rispondo subito!”perché “è così che si fa, e gliel'ho insegnato pure a mia nipote di quindici anni!”
E' anche in lei che dice che suo marito è bello, così bello che non dimostra i suoi anni però non si ricorda più perché l'ha sposato e così lo chiede a sua madre che chissà che almeno lei lo sappia.
Parliamo di uomini, di ragazzi, di abbracci, baci, carezze, sguardi, sederi, peni, capelli, campeggi, taverne, case, caffè che non andiamo a prendere, cene fatte un po' così, messaggi, percing, tatuaggi che abbiamo o che vorremmo farci, scarpe con i tacchi, parrucchiere che ci fanno belle, negozi dei cinesi, “e poi io non ce la facevo più”, “ah vivi con i tuoi?”, “un figlio piccolo, tre giorni con lui e tre con lei”, “grazie per le delucidazioni su Zeno Cosini”, “è proprio scemo tuo marito” “anche tuo moroso!” “ex, ex moroso”, “ce' guarda a questa distanza proprio no, non riusciremmo. Si chimica, proprio così”, “Sai non è bello...è che è particolare, è un tipo...è che io dopo un po' non riuscivo a stargli distante, ma proprio fisicamente intendo”, “oh ma stiamo puntando tutte lo stesso?”, “'na stronza, punto” e in realtà non abbiamo mai smesso di parlare d'amore.

(cit. Janette Winterson)




lezione di sentimenti 2

Avrò un simile coraggio? Azzardarmi a guardare oltre gli schemi che mi proteggono dall'amore, invece che lasciarmi vincere dalla paura che mi costringe a troncare, a fuggire, o ad accontentarmi della versione diluita? Tutte cose che ho fatto in passato.
E per il resto del tempo mi dico che sono una donna indipendente che non dovrebbe limitarsi all'amore, o farsene un limite. Ma l'amore non ha limiti. E' uno stato permanente, come l'universo. E tuttavia l'universo è lontano, tranne questo pianeta, e l'amore non significa nulla se non lo stringiamo concretamente tra le dita.
Dammi la mano.

E allora io sai che faccio? Ti prendo la mano, così voglio vedere se non ha un senso. Te la prendo decisa e la stringo forte forte. Poi passo ad accarezzarti le dita, piano, ad una ad una e infine mi concentro sul pollice. Ruvido. Mi dava fastidio una volta quella durezza, la trovavo scortese.
Ed è invece in quella durezza che oggi tento di dare un senso, vivo, concreto alle mie parole per te. Non vedi? Ti accarezzo lì. Lì dove sei ruvido e quando mi accarezzavi finiva sempre che mi graffiavi. Io ti accarezzo lì. Accarezzo te nel tuo dito, il tuo dito in te. Tutto te nella tua durezza che voglio cullare, maneggiare, impastare, baciare senza tirarmi indietro mai. Scriverò bigliettini d'amore e te li lascerò nel barattolo dello zucchero. Comprerò un cioccolatino a te per ogni pacchetto di sigarette che prendo per me. Ti perseguiterò con il mio amore, non ti darò tregua...voglio che il mio amore sia dovunque, intorno a te fino ad entrarti dentro, magari passando per un taglietto sul labbro...per quella pellicina che ti mordevi nervosamente quando pensavi. E allora, solo allora ti avrò insegnato l'amore...o forse l'avrò solo imparato io.
Perché anche noi abbiamo tanto da imparare. Sull'amore intendo.
Dobbiamo imparare che l'amore non prevede una resa, mai.
L'amore non si accontenta e non si limita.
Non è accessorio, non è un soprabito estivo dimenticato sull'appendiabiti in soggiorno.
Ma allora se è infinito, illimitato, come facciamo a maneggiarlo noi, emblemi della finitudine?

Ma se anche tra noi dovrà finire, voglio la certezza che abbiamo dato abbastanza tempo all'amore. Ci vuole tempo per avvicinarsi a te.

Pensieri del dopo. Dopo di noi.
A me il tempo sfugge tra le dita, non lo trattengo. A volte, rassegnata, mi siedo e lo lascio passare; lo guardo e fingo noncuranza. Ma è perduto.
Il tempo e l'amore sono difficili da incastrare. Di mezzo c'è la vita, le nostre convinzioni, passeggere o profonde che siamo (perché tutto è vero e palpitante finché lo vivi, finché ne hai bisogno), gli altri, le attese, le aspettative, le paure e le corazze che pazienti rattoppiamo di notte per rimettercele di giorno.
Non ho la certezza di aver dato abbastanza tempo all'amore e forse non ce l'ha nemmeno lei “che però quando piange mi fa pena”; e forse neanche lei, così sicura, che sembra non le importi più, ma poi chissà...
Avremo dato abbastanza tempo all'amore? Vent'anni sono tanti, ma anche tredici e pure cinque...Anni di che? D'amore è ovvio. Mica tanto.
Vent'anni di matrimonio, tredici di convivenza, cinque di relazione. Questo diciamo, questo ci raccontiamo. Ma non è così. Nemmeno per sogno.
Dovremmo parlare d'amore, di anni d'amore.
E invece cambiamo i termini, modifichiamo i pensieri...li spostiamo altrove, perché quello non è amore, è solo una relazione, una convivenza, un matrimonio.
Ma l'amore torna, torna a chiedere il conto. Per quanto lo scacci, per quanto cerchi di trattenere le tue mani che voglio accarezzare...lui torna.
E allora ti stringo di più.

lezione di sentimenti 1

Mi trovo a ricascare ogni volta nella stessa condizione di solitudine. E' colpa del sesso? Se non fosse per il sesso, non saremmo tutti perfettamente appagati dai nostri amici, dalle loro confidenze, dalla loro compagnia?

Ho conosciuto donne che scoprono se stesse attraverso il sesso. Il sesso dato, il sesso ricevuto. Il sesso che rivela i bisogni che per venti, tredici, cinque anni abbiamo lasciato lì, immobili...e poi, tutto ad un tratto, saltano su, come una zucchina che, per quanto la butti giù con la forchetta, continua a riaffiorare nella pentola..e l'acqua bolle...e forse bolli anche tu. Perché il sesso fa bollire, sfrigolare; il sesso scalda, e forse è per questo che non possiamo farne a meno. Scaldami.
Non ci bastano gli amici, le amiche, gli zii, i cugini e anche i gatti. Ci servi tu. Tu che “nemmeno mi ricordavo cosa voleva dire essere baciata”, o tu che “ti rendi conto, mi accarezza!!”, e pure tu “che non mi faceva sentire sbagliata”.
Abbiamo bisogno di sentire che ci siamo, che valiamo, che ci muoviamo su questa terra; una terra che si fa corpo e diventa il corpo di te, che conosco ancora così poco, ma sento che senti e allora basta quello.
Perché il sesso ci fa scoprire. Ci toglie i vestiti, a volte lentamente, quasi fosse una danza, a volte con foga e nemmeno ti ricordi dove sono finite le mutande...
Il sesso ci fa scoprire a noi stesse, ci spoglia e ci svela, ci dice chi siamo, cosa sentiamo. Io ho bisogno. Se il sesso avesse una voce sarebbe questa, quella del bisogno.

Adesso abbiamo uno stipendio e il diritto di voto. Siamo donne in carriera (…) Non ci occupiamo più solo dell'amore. Siamo più dell'amore. Abbiamo ottenuto l'indipendenza. L'uguaglianza. Ma...cosa ne è stato dell'amore?
Credevamo che sarebbe esistito sempre, come l'aria, come l'acqua, come l'estate, come il sole. Che sapesse arrangiarsi da solo. Non avevamo messo in conto le cure silenziose che servono a mantenere l'amore regolare come la luce.

L'amore è rimasto lì, rincantucciato in un angolo. Lui troppe cose da fare e poi le smancerie non si addicono. Noi che aspettiamo. Aspettiamo un gesto, una cura. E così si disimpara.
Si diventa cinici. Ma nell'amore ahimè, non c'è spazio per il cinismo. L'amore ti sorprende, ti colpisce a tradimento, perché è vivo. Vivo come le api, l'erba, l'acqua, la terra. Che riposa d'inverno e si risveglia d'estate. Ma si sveglia. Prima o poi succede. E siamo impreparate il più delle volte.
Anche noi, noi che diciamo che per anni ci siamo state, lì presenti, salde, a portare sulle spalle il peso di due. Anche noi ci siamo dimenticate come si fa. Come si fa cosa? Ma come si fa ad amare. Altrimenti perché un abbraccio o un bacio ci stupirebbero tanto?
Sono i baci e gli abbracci che noi per prime abbiamo imparato a trattenere (per non essere ferite) e quindi disimparato a dare, che ci feriscono.
L'amore non fa più parte di noi. Sciocca. L'amore c'è, sempre, anche quando non lo vedi, anche sotto i tappeti, come la polvere.
Guarda che in un letto con il cassettone sotto, si forma lo stesso la polvere! Davvero? Si. E lo stesso succede con l'amore.
Si forma nei luoghi più inaspettati. Vive nel buco di quella carezza che “oggi non gli do perché...massi, tanto” e anche quando ti giri dall'altra parte nel letto perché sei abituata al suo calore vicino...ecco, lui si forma lì.


11 dicembre 2011

Se non ora quando...mi ricordo di me (parte 2)

Ricordatevi di noi. Questo il senso della manifestazione; questo il motivo che ha portato alla nascita di 120 comitati “Se non ora quando” in meno di un anno: Padova, Belluno, Rovigo, Venezia, Mogliano e tanti, tanti altri...anzi: tante, tante altre.
“Mai più senza di noi, mai più contro di noi”, “e che nessuno ci venga a dire che non è il momento” sono gli altri slogan che le oratrici lanciano in alto, come i palloncini rosa che sventolano sopra le nostre teste.
Sul palchetto di fianco alla chiesa di San Geremia, si alternano tante donne: Raffaella Michieli, Franca Bimbi, Vera Cozzagna, Milvia Boselli, Annamaria di San Donà, Anita che legge una poesia, Monica Sambo, Morena Da Lio, la cantante Erica Boschiero e tante altre di cui ho perso i nomi perché il freddo mi intontisce un po' e le mani gelate non scrivono abbastanza veloce.
Si parla di cose importanti, si chiedono cose importanti: medicina di genere, presenza nei luoghi decisionali, ripensare i diritti, spazio per le migranti e le giovani, legge sulla doppia preferenza di genere, pensioni.
“C'è una brutta aria per i diritti, perché quando c'è crisi ci sembrano un lusso”, com'è vero.
Anche noi oggi eravamo all'inizio un po' titubanti, un po' sottotono perché fa sempre specie chiedere qualcosa quando vedi il fondo del sacco in cui vai a pescare, ma se pensi che è giusto che fai? Taci? Aspetti? Ne parleremo più avanti e buona notte al secchio?
No, le donne di “Se non ora quando” oggi hanno detto no.
Con grazia, sia chiaro, “perché al giorno d'oggi bisogna fare proposte educate” mormora una signora evidentemente proveniente da ben altre manifestazioni, altra storia, altri anni.
“Ricordatevi di noi” abbiamo detto oggi.
Nonostante tutto e in mezzo a tutto ci siamo anche noi che, si, ok, abbiamo tre ministre in posti chiave ma sempre 3 sono, e una sola sottosegretaria su 25.
Noi che sappiamo che democrazia vuol dire donne e uomini al governo e continuiamo a sperarci.
Noi che stiamo aspettando uno statuto regionale degno e una nuova legge elettorale che contenga strumenti antidiscriminatori chiari e inequivocabili.
Noi che sappiamo che non si può ragionare solo in termini economici perché le crisi prima di tutto cambiano le relazioni tra le persone.
Noi che cerchiamo di essere coerenti con le nostre idee perché lascino orme così profonde da permettere a quelle che verranno dopo di trovare la strada - come hanno detto le donne di San Donà.
Noi che siamo la prima generazione che pensa che conciliare maternità e lavoro sia possibile, anzi doveroso – e si vede che Monica le idee già ce le ha chiare.
Noi che piedi intirizziti e nasi rossi oggi ci siamo dette, prima di tutto, “ricordiamoci di noi”, anche se ora è più difficile, anche se ti sembra che ci siano mille pensieri che vengono prima, mille problemi; anche se oggi sembra non esserci spazio ne tempo, anche se...”ricordiamoci di noi” perché è giusto, perché ne abbiamo bisogno.
E allora per ricordarmelo meglio mi appunto la spilleta rosa qui, in messo alla sciarpa blu, che sia chiaro che io sono una di quelle che “se non ora quando” non mi dimentico di me.



Se non ora quando...mi ricordo di me (parte 1)

Che freddo sta mattina, penso uscendo di casa e già sono in ritardo.
Devo andare a prendere Giulia. Lei, puntuale, è già davanti casa che mi aspetta.
Tram perso per un pelo, treno preso per un pelo e finalmente dentro al caldo del vagone ci rilassiamo, via giacche e borse, ci guardiamo intorno...Ciao Milvia, Ciao Alessandra, Ivana!...ah lì c'è Agnese...Silvana da quanto!...e la Pir?ah arriva dopo, ma arriva vero?!
Siamo talmente assorbite dalle parole, i pensieri, i progetti che nemmeno mi accorgo che stiamo attraversando la laguna...ed è già Venezia: 11 dicembre 2011, stazione Santa Lucia.
Le donne sono variopinte e io che mi vesto sempre di nero mi sento quasi fuori luogo, strana.
Hanno capelli, sciarpe e cappelli che risplendono di più ogni volta che le nuvole si spostano e il sole rispunta dietro il palazzo di fronte alla stazione.
E colorati sono anche i cartelli e cartelloni:”se non le donne chi?”, “Mai più senza di noi”, “zitte mai”, “io leggo”, c'è chi ricorda l'articolo 3 della Costituzione:“tutti i cittadini hanno pari dignità”, qualcuna cita la canzone di Florence and the machines: “the dog days are over” e persino Zanzotto scende in piazza, con le parole della sua poesia scritte fitte fitte su un cartone in rosso e in nero: “in questo progresso scorsoio io non so se sono ingoiato o ingoio”.
Un uomo ha attaccato al collo un cartello con scritto “Preferiamo le donne con grandi tette” ma con la prima “t” cassata e scritto sopra una grande “s”.
Tutte davanti alla stazione, aspettiamo le ultime che tardano ad arrivare, siamo abbastanza dai, “pensavo peggio” sento dire intorno a me.
Parte il corteo e ci accodiamo anche noi. Giulia, mentre camminiamo, viene intervistata da una giornalista del Gazzettino. Come ti chiami, quanti anni hai, di cosa ti occupi, perché sei qui oggi, cosa vuoi chiedere, ah ti sposi?! Auguri! buona continuazione!
Attraversiamo fondamenta nuove e la gente ci guarda un po' curiosa e un po' sospettosa; una signora affacciata alla finestra scuote decisa la testa, chissà perché poi.
Il ritrovo è in Campo San Geremia. Io non sono molto brava con i numeri, anzi non lo sono affatto però so che sto Campo più o meno lo riempivamo, più o meno un numero “meno peggio di quello che pensavo”, ecco.
“Tanti cavei bianchi” dice una signora stretta nelle spalle, alle due amiche mani in tasca e collo affondato nella sciarpa. E' vero. L'età media è alta, come al solito, come sempre.

10 dicembre 2011

alberi

Non da tregua e fa compagnia.
Sembra un indovinello ma non lo è.
Cosa c'è da indovinare nella mancanza?
Indovina chi.
Ma io lo so chi. Chi manca.

E lo sa la mia testa bacucca che sogna che era tutto un sogno e che si risveglia giusto giusto un anno fa...che mi sa che c'era pure la neve...cosa c'entra poi la neve?
Centra che io ti dicevo "guarda che qui fa freddissimo" e pensavo che tu non eri più abituato al freddo...
ricordo che leggevo ogni giorno la temperatura sul termometro della fiesta, ed ero felice che ci fosse sto optional qui nella mia macchina scassona, così quando ci sentivamo potevo esultare :"-2", "1", "-4", "0", "3", "quasi -6"(che esageravo pure un po)...e pensavo che era bello che fosse freddo. lì così caldo e qui così freddo...posti diversi, posti distanti...ti saresti dimenticato in fretta...poi tu hai sempre preferito il freddo!
E invece non preferivi più niente di quello che preferivi...neanche il freddo.

E allora forse dovrei cambiare la mia stagione preferita! Da oggi preferisco l'inverno!
...ma non è vero...
a me piace il caldo, i piedi scalzi, i pantaloncini corti sformati, le canotte leggere leggere, i finestrini sempre aperti, il sole che brucia gli occhi, le foglie verdi...no sti rami secchi, no ste braccia tese che chiedono pietà come me...pietà al freddo, pietà al ricordo di quando erano verdi, pietà agli uccelli impietosi che cercano quello che non c'è più, e pietà anche alle radici che traballano sotto la terra secca...
mi arrendo, basta, sembrano dire...non soffiare più vento, lasciaci dormire almeno sta notte, lasciaci abbassare ste braccia che ormai fanno così male che non le sentiamo più...lasciaci arrendere vento, lasciaci...

Chissà se anche loro sognano tutte le notti di quando erano verdi, il più bel verde tra i verdi...così verde che abbaglia e quasi ti inciampi...
Forse loro sono più pragmatici, rassegnati alla stagionalità, sanno che tutto passa, tutto ritorna...le foglia, il vento tiepido, la terra umida, le gemme gonfie e lucide...sanno, perché è ineluttabile, che torneranno belli, felici, torneranno alberi, non più disegni secchi secchi fatti con la punta.
Forse loro sanno che sono alberi e se dici alberi già hai detto tutto.
Ma io sono un albero?

bipedi emancipate

Chissà perché noi donne, anche quando ci fingiamo bipedi emancipate, anche quando vantiamo pedigree di promiscuità e lunghi capelli setosi, chissà perché, anche allora, non possiamo fare a meno di rifargli il letto, lavargli i piatti ammonticchiati nel lavandino...e sono sicura che, con la spughetta dalla parte verde, ti sei impegnata per togliere via anche l'ultima pellicina di pomodoro secco rimasta attaccata sul bordo del piatto fondo.
Sono sicura che hai pensato: "così quando trova tutto in ordine poi pensa a me"
O forse no.
Non so.
Però so che lasciamo il nostro profumo in giro, stampiamo baci su salviette di carta per augurare buon giorno al comodino e alla sua testa assonnata che non osiamo svegliare...
So che dopo pensiamo a canzoni mielose...anzi canzoni rock che però dicono cose mielose che così possiamo continuare a credere che siamo delle dure...
E forse il cuore lo doniamo un etto a orgasmo raggiunto o forse già l'avevamo messo in saldo a quel primo bacio appoggiati allo stipite freddo della porta del locale, il bicchiere in bilico e i capelli che "fa che non me li metta in disordine che dopo sto da cazzo".
Però un uomo il biglietto non lo lascia mai, penso io.
Un uomo non si preoccupa della tazza abbandonata sul bancone della cucina...forse pensa che se tu l'hai messa lì è giusto che stia lì e lui non si deve impicciare.
Gli uomini non si impicciano.noi si.
Noi ci preoccupiamo di lasciare un segno, di tenere la porta socchiusa ancora per un po, di non pensare subito a chi verrà dopo....
Fingiamo non sia così però. E allora gli scriviamo "se e quando avrai voglia di passare da me", come se dire "se" e "quando" ci potesse difendere, spada e scudo contro di lui che forse non ci risponderà, forse non verrà..."ma tanto io mica glielo avevo chiesto".
eh si.
E intanto siamo già con la testa più in là...a quando "gli farò assaggiare il sugo fatto dalla mia di nonna, e sentirà che buono! Lo porterò in quel bar anzi no, meglio l'altro.."
Pensieri così, pensieri di NOI.
Perché poi è quello per cui ci tendiamo, tanto in un letto quanto sopra un lavello...poter dire NOI.
Io e te, uguale NOI.
E allora per NOI lo ringrazi di quanto bene sa fare l'amore, come se la parte che ci hai messo tu non contasse...NOI e gli ripeti cinque, dieci volte che è bello e bravo, ma mica ti ha chiesto quando vi rivedete...NOI e fingi di pensare che per lui sei unica, che di sicuro domani penserà a te e che quel biglietto se lo terrà stretto, no abbandonato sul bancone della cucina che poi viene qualcuno di sbadato e ci appoggia la tazza di caffè sopra e lo macchia e non si legge più niente.
più noi.

09 dicembre 2011

il kit di sopravvivenza

"...Eppure oggi c'era qualcosa di diverso: più entrava a fondo in se stesso più era turbato.
Invece della felicità di pochi stanti prima, avvertì un disagio strisciante, come se il pavimento stesse per cedere sotto i suoi piedi. Non riusciva a stabilire se stava sperimentando la Luce Interiore.
 Benché i quaccheri credessero che Cristo si rivela a tutti. senza intermediari, e che ogni persona fosse in grado di partecipare a una rivelazione eterna, a lui non giungevano rivelazioni di significato universale.
Una vocina gli parlava, è vero, ma per dirgli cose che non voleva sentire.
All'improvviso, come se fosse davvero in contatto con il suo Vero Sé e potesse vedere la situazione oggettivamente, capì perché fare l'amore con Madeleine gli era sembrato stranamente vacuo.
Perché Madeleine non era venuta da lui, aveva soltanto lasciato Bankhead.
Dopo aver opposto resistenza ai genitori per tutta l'estate si stava rassegnando alla necessità di un annullamento del matrimonio.
Al fine di renderlo chiaro a se stessa era salita da Mitchell.
Lui era il suo kit di sopravvivenza."

(Jeffrey Eugenides, La trama del matrimonio)

05 dicembre 2011

giugno luglio agosto settembre ottobre

cose che ho scritto quando dicevo che non scrivevo niente...

Maria

Maria dice che a lei non pesa.
Maria dice che l'unica cosa che per lei è difficile davvero è essere lontana da suo figlio.
Maria è una badante come tante.
Viene dalla Romania e da due anni accudisce due nonni come ce ne sono tanti...forse un po più difficili ma a lei non pesa.
Non le pesa rincorrere la nonna che cerca la sua bicicletta che non c'è più; e nemmeno dare da mangiare al nonno che puntualmente sputa metà boccone. Il mio paperino-lo chiama lei.
Maria non ricorda una notte dormita dall'inizio alla fine.
Domenica scorsa è andata a Venezia.
-Ma Maria, oggi piove! Cosa vai a fare a Venezia?
-Non importa-ha detto lei.
Mi ha confessato che le sarebbe bastato anche solo fare il viaggio in treno: Terme euganee-Venezia e ritorno.
Le sarebbe bastato del tempo per lei un po più lungo delle due sigarette che si concede: una dopo pranzo, l'altra dopo cena.
Maria fa il lavoro di cura che qualcun'altro non può fare.
Maria fa la donna di una volta-dice qualcuno.
Lava, stira, riattacca i bottoni sulle camicie, cucina e ovviamente, bada ai nonni.
Maria è una donna emancipata?
si lo è.
Maria lavora qui per poter mandare un po di soldi a casa. Un po però, non tutti.
Maria dice che se suo marito e il figlio venissero qui, vorrebbe abitassero da soli, in un appartamento in città, non in campagna dove sta lei con i nonni.
-Io non voglio badare anche a loro. Questo è lavoro, quello è famiglia e si fa insieme.
Maria non è propriamente una "donna di una volta" mi dico allora.

Maria è anche qui http://www.padovadonne.it/2011/12/maria/

insegnami l'attesa

Sono la polvere sul cruscotto della tua auto,
sono l'odore di benzina del decespugliatore,
sono l'asfalto umido sotto i piedi incerti
sono la borsa pesante sulle sue spalle straniere,
sono i fiori al centro della rotatoria che sembrano nuvole di nebbia,
sono quella donna, sguardo fisso e chiavi nella toppa,
sono gli alberi radi in questa campagna sbagliata al centro città,
sono tutto questo e niente di quello che vedo.

la zona cieca

Ogni tanto torno a confidarmi con il mio psicanalista di un tempo.
-quello che più mi manca di lui sono io quando stavo con lui. Perché di me non chiedeva mai niente, ma dava l'impressione di conoscere tutto.
-Mi spieghi meglio.
- Per esempio secondo me da qualche parte aveva intuito da dove venivano tutte le mie paure. E l'aveva fatto anche meglio, mi perdoni, di qualsiasi suo collega.
-Quanto lei chiama conoscere o intuire non dovremmo forse chiamarlo manipolare?
-In che senso?
- Nel seno che alcune persone riconoscono istintivamente i nostri punti deboli e sfruttano proprio quelli per legarci a loro. Fanno un po come fa un medico generico che tasta il paziente e gli chiede fa male qui? e qui? e appena il paziente dice si, invece di dargli la medicina giusta continua a spingere.
-E le pare poco, scusi?
-Cosa?
-Scoprire dov'è che fa male

(Chiara Gamberale, La zona cieca)

pensieri di tanto tempo unpocosì

Se avessimo le labbra di zucchero si cancellerebbero con i baci...ti pensi parlare e mangiare come sarebbe senza labbra?! Ti pensi ridere? Ma che belle però le labbra di zucchero...


Dicono che a volte ci scegliamo i nostri carnefici perché vediamo in loro qualcosa che noi vorremmo essere.
E quando questi carnefici mostrano il loro lato peggiore perché allora noi continuiamo a rimanergli attaccati con le unghie e con i denti?
Perché non riusciamo a fare 2+2 dei nostri pensieri sconnessi, delle sensazioni spiacevoli se non decisamente dolorose che viviamo stando con loro?
Perché è così difficile dire basta?
Perché permettiamo loro di farci a pezzi pur sapendo che sono la causa diretta della nostra autostima a picco?

E' come se, nonostante tutto, li ritenessimo superiori; superiori rispetto alle altre persone che ci gravitano attorno perché loro, e solo loro sono riusciti a toccarci lì, dove fa male, dove siamo scoperti ed indifesi, dove non abbiamo nessuna protezione se non il fatto di lanciarsi a peso morto tra le loro braccia impietose quando invece dovremmo scappare via il più veloce possibile.

Siamo noi a permetterglielo è vero, nessuna obbiezione.
Ma perché?
Perché continuiamo a desiderare di essere controllati e manipolati?
Perché non riusciamo a pensare a quanto meglio sarebbe una relazione piana, senza curve improvvise, senza salite che non finiscono più, senza affanni.
Qualcosa di accogliente dico io.
Qualcosa in cui sentirci al nostro posto, a casa.
Una casa che sa di buono

03 agosto 2011

tirare le fila

Da che parte si inizia a tirare le fila?!

È giunto il momento di tirare le fila!
Bene ora tiriamo le fila!
Manca solo tirare le fila!
è importante tirare le fila!
…...
suicidio celebrale.

Ma cosa vuol dire tirare le fila?
Come fai a tirarle se nemmeno sai che fili hai in mano?
Devo tagliare il rosso o il blu?
O forse è meglio il verde?

Tirare le fila significa che tiri per tirare. Tiri perché è fretta e il risoluto di turno dice “ok ora basta, è ora di tirare le fila” (e sono sicura che sta sorridendo con il ghigno).
Tiri tiri tiri e può anche essere che qualcosa si perda, che un filo si spezzi, che un nodo si faccia più sottile e sfugga alla tua vista...
Può essere che ti perdi nell'atto del tirare e dimentichi la sostanza; perché si, ok, la forma è quella di un nodo, di un groviglio, ma poi dentro c'è ben'altro...
Dentro ci sei tu, lui che fa l'offeso e un po' ti manca, l'altro che non ti chiama e sai che è ora di lasciarlo andare davvero, la Meg che è ad arrostirsi al sole, i bambini con il naso moccoloso che hai appena lasciato e ti mancano già, Giulia che sta crescendo e ti fa invidia e paura assieme, la tesi che non quaglia, i giornali che sono sempre troppo aggiornati per i miei bioritmi, le cose che vorrei e che non ho e pure quelle che fingo di volere...
Provaci tu allora amico ciccisbeo a sbrogliare sta cosa qui!
Vediamo ora con che faccia babbea mi dirai: “Tiriamo le fila!”
Qui non si tira un bel niente caro mio!
Qui rimane tutto aggrovigliato così perché io ci sto bene. Benissimo. Benissimissimo.
Non ti basta?!
Infiniti oceani di bene. Ecco.

Che poi non è mica vero, ma almeno la smetti di guardarmi così. Tiè.

28 giugno 2011

Che ci sia una correlazione tra il fatto che puntualmente sotto il sole mi scotto e il fatto che con la stessa costanza  causo e subisco problemi amorosi?!
Sinceramente non lo so. Ma sicuramente, ci deve essere qualcosa che non va, in me intendo. Non imparo, o comunque imparo poco, troppo poco dai miei errori.
Vado in barca e mi scotto lo stinco destro. Bene, oook devo stendere meglio la crema la prossima volta. sisi.
E invece la prossima volta mi scotto mezza faccia e pure la pelle dello sterno.
Non contenta, meno di una settimana dopo: chiappe viole, eritema sulla schiena e braccia a macchie di leopardo. Inguardabile lo giuro.
In città fa un caldo bestia e io, cretina, sono costretta a girare con le magliette perché le mie spalle sono inguardabili.
Non ci riesco, non ci riesco, io ci provo, mi impegno, mi ci dedico ma...niente!
Sforzi inutili!
Quello era così?? bene il prossimo lo voglio tutto il contrario.
Neanche "il prossimo" però andava bene, e allora avanti un altro, ancora diverso, ancora irrimediabilmente sbagliato...
E se la sbagliata fossi io?
E se fossi io quella che poi cambia, che gli viene l'eritema da relazione, che vive bene solo l'innamoramento, che non sa un bel nulla di nulla ed impara anche meno?
 E se fosse che non imparerò mai a stendere la crema solare, che puntualmente lascerò fuori un pezzettino di pelle che poi si scotterà?
E se la prossima volta mi faccio una vera ustione e la pelle non guarisce più?
E se, e se, e se, e se....
E se ci penso domani?

19 giugno 2011

E' difficile muovere la mani quando è da così tanto che non lo fai.
E' difficile collegarle al cervello. al cuore.
E' difficile. punto.

Vorrei avere le idee chiare, sapere al 100 % che è giusto quello che sento, quello che penso, quello che provo.
Io mi inganno, mi inganno spesso.
Penso una cosa e ne faccio un'altra.
Dico di no ma il mio corpo poi fa di tutto per dire si.
Mi convinco che è proprio così che sono andate le cose e poi, un lampo, e capisco che era tutto il contrario.
Sono tutta storta io.
Dicono che sono precisa, meticolosa razionale...ma allora me lo spieghi tu perché faccio sempre le cose al contrario? Perché capisco sempre dopo? Perché sbaglio sempre? Perché le azioni sono astrazioni senza relazione con i rischi e le conseguenze?
Dov'è che è tutta la mia razionalità?
Me la sono persa tra le tue lenzuola?
Beh ridamela che è mia!

Cosa capirò? Cosa succederà? Chi sarò? Dove sarò?
E tu dove sarai? Non con me...questo si che lo so.
Lo so pure doppio. Pensa te che intelligente. Doppio!
Doppio perché due è meglio di uno.
Non sempre però.
Ma a volte davvero davvero si.

31 gennaio 2011

Ho un nervoso ma un nervoso.
Un nervoso che non bastano le parole.
Un nervoso che anche se sbatti una, due, tre volte la cornetta del telefono ancora non basta.
...fosse in testa a lui forse si...