30 gennaio 2012

la via degli orologiai (o cosa di tanto tempo fa)

Questa è la via degli orologiai. Ci sono le botteghe dei più vecchi orologiai della città. Orologiai artigiani. Guarda che belle! Lo sapevi? Le avevi mai notate?
Scuoto la testa – per dire no no -  tra me e me – e forse anche perché non mi interessa molto. Mi sembra una cosa in più, una curiosità vizza, così poco consona al tuo aspetto. E così la lascio scivolare via tra i pensieri  poco importanti e non ci penso più …
Fino ad oggi. Oggi passando per quella via stretta ad un altro lui, penso a quella frase e vorrei dirla all’uomo che mi sta seduto di fronte ma poi mi freno. Mi freno perché se narrassi a lui quell’aneddoto curioso, libererei il pensiero di te.
Non ricordo molto di quel giorno; quattro anni non sono tanti ma nemmeno pochi. Certi ricordi sono fragili, mancano della concretezze che gli dà l’attenzione subitanea. Il ricordo degli orologiai è uno di questi.
Ricordo io dietro di te in vespa, il vento quello si me lo ricordo. Ricordo che avevamo da poco iniziato il primo anno di università. Tutti e due. Stessa età, stesso liceo, stessa classe, stessi amici. Stesso stupore per tutto quel nuovo che ci veniva incontro, che ci ingoiava. Tu eri giovane e fresco, avevi lunghi riccioli scuri e labbra morbide e piene. Labbra da baciare si dice, ma se lo dico delle tue (com’erano allora) non è per ossequio ad un detto trito. Le tue labbra erano per me irresistibili. Mai più ho dato e ricevuto baci che facessero scattare con tanta repentinità la voglia di fare l’amore.
Per me il bacio non è e non è mai stato accessorio. Mi piace baciare ed essere baciata di quei baci lunghi e struscianti- da adolescente dice il mio lui d’oggi- che ti lasciano umida fino al naso.
Forse cedo troppo all’idillio del ricordo ma mi piace pensare che quei baci che ci davamo erano così belli perché la tua bocca era proprio quella giusta per la mia, così per la lingua, per la consistenza della saliva e anche per i denti ... quel dente, quarto da sinistra che avevi ancora di latte.
Allora mi infastidiva quel tuo difetto, forse perché tu per me eri prima di tutto bello. Del mio lui d’oggi accetto tutto senza fiatare: il naso all’ingiù, le orecchie e i denti sporgenti, tutto. Di te nemmeno quel piccolo dente di latte. Solo uno. No, nemmeno quello.
Stonava  e quasi inconsciamente maledivo tua madre per quel difetto genetico (si perché ce l’aveva anche lei). Io ti volevo perfetto come nelle foto migliori.
Mi sono sempre detta senza pretese ma senza pretese in realtà non lo sono mai stata … intransigente mi dicevi (e me lo dici ancora oggi … ma questa è un'altra storia), ma poi ci ridevi sopra con me perché ti divertiva avere una ragazza decisa. Decisa dicevi, ma poi io, da sola, ho scoperto che ero solo impaurita.
Impaurita di tutto quello che non andava in me e che non sapevo proprio se avevo la forza di cambiare, di migliorare … e allora molto meglio il neo-esistenzialismo di maniera. Tutti sono stati esistenzialisti a 19 anni. Vero ma non solo...
Mi chiedo oggi se io avessi rivelato a te quei discorsi che mi tenevo dentro come sarebbe finita. Se io avessi scaricato su di te la stessa intransigenza che rivolgevo agli altri, tu che avresti fatto? La realtà è che non lo so, non lo posso sapere, e tuttavia mi trovo a sperare, ancor’oggi, in una tua decisa presa di posizione che mai avresti potuto assumete, soprattutto con me.
Penso a quella mattina ( o pomeriggio, non lo so più) ventosa in motorino, ai tuoi pensieri profumati. Quale ragazzo di 19 anni bello e atletico, con i riccioli neri, le labbra carnose, gli occhi pensierosi,  pensa alle vecchie botteghe degli orologiai?!
Forse fu così che inizia a pensare che di stonato non ci fosse solo il dente di latte …
E invece tu ci pensavi … chissà quante erano le cose che pensavi e non mi dicevi. Ti sommergevo con le mie chiacchiere. E tu zitto. Mi avessi preso e scosso forte per le spalle, sbattuta da parte, urlato smettila … forse non avrei visto stonato più nemmeno il dente di latte. Chissà.
Oggi sono qui a tentare di restituire consistenza ad un ricorso e tuttavia non ci riesco. Fatico a riprenderlo perché non so nemmeno io bene dove sia. Banalizzato, ecco come l’ho trattato. Il ricordo e pure te.  E ora pretendo di recuperarlo intatto come lo vissi allora.
Ci provo, ci provo: Io e te in vespa, io dietro, lungo via Cesare Battisti, ora di pranzo – si, mi sa di si perché le serrande erano abbassate- mi pare di ricordare che dicesti “quando sono aperte puoi vederli che lavorano, fai attenzione la prossima volta che passi”. Fare attenzione ….. e di nuovo mi distraggo, mi sfugge.
Allora: io e te in vespa lungo via Cesare Battisti, ora di pranzo, direzione facoltà di scienze statistiche dell’università di Padova … quanto l’ho odiata quella facoltà. Io mi ero iscritta a lettere invece, un po’ perché non sapevo che altro fare un po’ perché mi credevo una “ poetessa della domenica”… ovviamente allora non credevo di essere “della domenica” (non conoscevo nemmeno Sereni all’epoca, figurarsi l’apparato critico del meridiano). Dall’alto del mio scranno, domenicale appunto, guardavo te e i tuoi compagni con estrema sufficienza. Non che oggi io li consideri persone ragguardevoli … forse però proverei a conoscerli, proverei a trovarci almeno un po’ di buono. Ma allora no. Allora era inconcepibile. Quando dovevamo uscire con loro, io mi preparavo per ore per fare colpo con discorsi aulici e culturalmente ispirati, poi si usciva e questi nemmeno mi badavano, si ubriacavano in bar molto poco stilosi e via, via che il livello alcolico cresceva, cresceva anche l’imbarazzo che i loro comportamenti suscitavano in me.
Banalità e cattivo gusto, ecco cos’erano per me gli studenti di scienze statistiche. Va da se che se tu stavi con loro, e già avevi un dente di latte fuori posto, le cose stonate aumentavano.
Di nuovo: Io e te in vespa, vespa grigia, con il bauletto se non erro, lungo via Cesare Battisti, più o meno l’ora di pranzo, diretti alla tua facoltà. Tu ti volti verso di me dolce (si perché dire dolce di te non è retorica), mi sorridi, anzi accenni un sorriso: alzi in maniera impercettibile gli angoli della bocca e il tuo viso si fissa in un’espressione beata … quell’espressione da risveglio del mondo mi viene da dire. Penso ai sorrisi così che mi avrai rivolto in tre anni e mi maledico per tutti quelli che mi sono lasciata sfuggire, che non ho apprezzato, che non ho gustato. Perché non notavo che quando sorridevi così i tuoi oggi raggiavano dolcezza? Quella dolcezza che 4 anni fa era per me e io la buttavo alle ortiche perché ne avevo troppa.
Io e te in vespa, lungo via Cesare Battisti, era inverno penso, o forse no, perché di solito non mi piaceva girare in vespa d’inverno. Ti volti, mi sorridi mi racconti che lungo quella via ci sono gli orologiai più antichi di Padova, che fanno il lavoro tutto loro e che se passo durante l’orario di apertura posso vederli lavorare dalle piccole vetrine che, passando ora in velocità dietro di te, mi sembrano affumicate. Lo dici per farmi entusiasmare, per coinvolgermi, o forse stai cercando di attrarre la poetessa della domenica, la studentessa iscritta al primo anno di lettere moderne. Non ti bado io, penso ad altro. Come ho sempre fatto fino a poco tempo fa, fino a quando ho capito che vale comunque la pena di tentare … di migliorarsi.
Penso forse a quanto è grosso il libro di latino che devo studiare, o forse a mia madre che se torno tardi recriminerà per giorni, o più banalmente al fatto che ho freddo alle gambe sotto i jeans leggeri e non vedo l’ora di arrivare a sta benedetta facoltà. Penso che è meglio che guardi la strada che via Cesare Battisti ha così tante laterali e la gente a piedi non guarda mica sai! Penso che a me degli orologiai non me ne frega niente, che è una curiosità da vecchi, stantia, come i loro vetri scuri e sporchi. Penso che potevi dirmi qualcosa di meglio. Penso che non penso nemmeno per un attimo di darti attenzione di cullare il tuo pensiero, di annusarlo, di sbirciarci dentro così come avrei dovuto fare in una di quelle botteghe.
Me lo dici perché stanno chiudendo, perché è tardi … se non ora quando avrei potuto vedere il lavoro di un artigiano orologiaio? Ma a me non interessa. Ah ok e chiudo lì.
Non l’ho più percorsa a piedi via Cesare Battisti, solo di recente ci sono passata due o tre volte in motorino. Una con il mio lui d’oggi e due con un amico d’oggi a cui però racconto molto del mio ieri … eppure nemmeno a lui ho raccontato degli orologiai. E’ un pensiero che ho tenuto per me, l’ho tenuto stretto, felice di averlo recuperato in chissà quale piega dimenticata del mio cervello. Ho quasi esultato, perché per me strappare qualcosa al deterioramento della memoria è una piccola sfida vinta. Vinta contro di me e la mia fallacità … certi vizi di onnipotenza sono duri a morire, ma perlomeno oggi sono più innocui.
Penso che ci passerò prima o poi a piedi per via Cesare Battisti. Non so se avrò il coraggio di entrare nella bottega di un orologiaio, ma sicuro che ci guarderò dentro, e spero non sarà durante l’ora di chiusura.

domenica ventosa

Domenica di cazzeggio. Domenica ventosa.
Vento che spazza via i brutti pensieri, vento che spazza via me...

Ieri c'era lui che non mi piace ma mi guardava di sottecchi e fa piacere comunque perchè, come dice la Desi: " Non importa che abbia cinque o ottananni e nemmeno che sia paralitico. Uno spasimanete fa piacere sempre" ed è vero.
C'era la Giuzzi che è di quelle persone che ti accarezzano anche senza usare le mani. Di quelle che ti fanno fermare, prendere fiato perché vicino a loro ti senti al sicuro.
E la Maddalena che ho imparato che non la puoi chiamare ne con il nome esteso ne Madda, ma solo Maddi o con il cognome storpiato e penso che me lo ricorderò perché mi fa sorridere, perché non l'ho ancora capita e secondo me dentro ha qualcosa che quando la vedi dici: ahhhh allora era per quello!
E la Gina, che è la Gina, che capisce che ho bisogno di gente intorno senza che glielo dica, che non ha bisogno di me per niente, neanche per aprire i barattoli ma mi cerca uguale. La Gina a cui ieri ho confessato che la prima volta che l'ho vista da dietro mi stava in culo perché era bionda con gli occhialoni da vamp. Poi però si è girata e aveva la maglia con i diavoletti nelle varie posizioni sessuali e fu subito amore.
E poi c'era quello lì che una volta mi stava antipatico perché io gli stavo antipatica e invece deve aver fatto la pace con me senza che io lo sapessi perché ora, anche se rimane scemo, mi tratta bene e insomma sono cose che ti rendono felice. almeno a me si.
Ma su tutto e su tutti c'era Fabio. Fabio che pensavo di aver perso e invece eccolo qua che mi chiama "piccenina" e mi manda i messaggi da un capo all'altro del tavolo per chiedermi se sono stanca, se voglio che andiamo. Fabio che mi scrive "cucciola" e, lo so, che a me ste robe di solito non piacciono, che dico che mi fanno venire il colesterolo, però se non te le dice mai, proprio mai nessuno, allora va bene.
Fabio che mi offre le sigarette perché di si. Fabio che quando lo riaccompagno a casa mi chiede quando ci rivediamo.

Ieri gli amari non mi hanno nemmeno fatto venire il mal di testa.

"Ma la sambuca è un amaro?"
"Non so...ma facciamo finta di si"

E allora facciamo finta che è sempre domenica e c'è sempre vento.

26 gennaio 2012

giornata con il mal di gola

Ma se trovi la fermata del bus in una città sconosciuta, allora vuol dire che ci sei?

E mica sbagli lato, nossignore! Lato giusto, fermata giusta e un berretto familiare ad aspettarti lì. Colonne di San Lorenzo. Ciao Fra.

Mi piacerebbe...davvero.
Ma forse si parte anche da qui, forse bisogna passare per giornate al buio, giornate con il mal di gola e le porte che sbattono perché il cretino di turno le ha accostate male. ecciù.
...e i microfilm che non girano, le annate che non corrispondono, -ma si rende conto che è un giornalista? ma cosa scrive questo?- tra me e me, fame sonno sete pipì che trattengo sennò perdo il posto...

Poi però penso che io con i bus, i tram, quelle robe lì, una certa confidenza in fondo ce l'ho...insomma sono una veterana dei mezzi pubblici, del biglietto che dove l'ho messo...insomma non vale. Non vale?

Uffa. e io che speravo di si.

Speravo che è per quello che ora mi sento più leggera e ieri manco riuscivo a respirare...che ieri per un attimo mi è girata la testa e ho sentito le gambe molli molli...ieri che mi sembrava di essere tornata indietro, chiusa nel mio letto, stretta sotto le coperte, ginocchia al mento, braccia che fanno male da quanto ti stringi...stringi per restare, perchè tutti pensano che sei ferma e invece tu lo sai che un movimento c'è: giù giù giù giù e allora ti stringi le gambe, le braccia, le labbra anche.
Ecco io ieri pensavo che a letto dovevo stringermi e invece alla fine ho allungato le braccia e anche oggi, non so come, ma l'ho fatto.

L'ho fatto.

E sabato? sabato chi lo sa....sabato è una chiromante a cui non chiederò la risposta, sabato sono io che sbatto la testa come al solito, che inciampo e mi rialzo. Si che mi rialzo
Comunque vada mi rialzo. Chiaro

25 gennaio 2012

direzioni

E da qui dove si va?
Destra o sinistra?
........
e di nuovo mi perdo anche se so che non posso, che non si fa, proprio no.

Io sono qui e sto ferma. Non mi muovo, non abbandono le posizioni raggiunte, sta volta no, nosignore. Stavolta è per me.
E continuerò a battere sui tasti sia chiaro, ad affannarmi tra appunti incomprensibili e tra fogli che scompaiono e riappaiono nel mio disordine.
Il destino, la fatalità...dicono...e forse lo dico anch'io o forse dico solo ok, va bene -respira- è così.
Dico che sta sensazione di vertigine la voglio allontanare che poi mi fa perdere tutto quello che stringo tra le mani...mi fa scivolare via da me anche; divento liquida liquida, scivolosa come una anguilla. Io ci provo anche un po' a tenermi, a prendermi per le mani, poi per le braccia, e infine anche per i capelli, si proprio i capelli....ma scendo, scendo...scendo.
Ma io in fondo al pozzo non ci voglio stare più.
Tienimi su. Tieniti su.
Me lo dico, me lo ripeto
Ci credo, lo faccio...a giorni si...a giorni no.
A giorni anche.

22 gennaio 2012

Un po' sono morto, quando mi ha lasciato Amanda.
La vita, però, non ci ha creduto che fossi un po' morto ed è andata avanti lo stesso, senza il mio permesso.
Finchè a un certo punto gliel'ho dato 
(C. Gamberale, L'amore quando c'era

11 gennaio 2012

Cose da togliere. Cose da ricordare

Mi devo ricordare di ricordarmi le cose da non fare.

Dovrei mettere una trappola, tipo quelle dei topi, no non quelle con la colla che poi ci rimarrei invischiata ancora di più; intendo quelle con la molla che quando ci si appoggiano per prendere il formaggio lei scatta e...si, effettivamente anche quella li intrappola, però io, se so che c'è, mi avvicino e basta.
 Non la tocco mica perché ho paura di farmi male...che poi male me lo faccio lo stesso, come da piccola quando correvo con la bici sul ghiaiano e lo sapevo che se frenavo con quelli davanti poi inchiodavo e cadevo, ma io niente! Dovevo frenare con quelli, convinta che questa volta no, non mi sarei fatta male; avrei solo provato l'emozione di una frenata potente, una frenata come si deve...che mi sa pure che fingevo di avere una moto come occhi di gatto o roba così chi lo sa...
E invece cadevo ogni volta. E mi facevo male.
Non c'è una foto delle mie estati in cui io abbia le ginocchia sane.
Che poi ero pure brutta con quei vestitini da bambina e le ginocchia sbucciate...grosse croste rosse e spesse...ma io mica me le grattavo via! fossi matta! Che schifo. Io le lasciavo lì, anche a penzoloni, finché non si staccavano da sole e la pelle sotto era tutta bella rosa e liscia; non livida e sottile come quella che vedevo sotto le ferite dei miei amichetti che mentre gli parlavi non facevano che grattarsi.
Forse è per questo che ho l'abitudine a trascinare le cose, a portarle allo stremo, finché non si staccano da se. Come i denti. Anche quelli mica me li toglievo! Li lasciavo lì, con sotto il dentino nuovo e me ne andavo in giro fiera con i miei due denti.
Ricordo che del canino mi ero proprio affezionata perché riuscivo a fare il conte Dracula. Poi mia mamma ha detto che facevo schifo e me l'ha staccato mentre mia zia mi teneva ferma e io scalciavo.
Ma i dentisti dicono che i denti vanno tolti perché sennò l'altro cresce storto.
Ho sempre ascoltato poco in effetti. Sopratutto i dentisti.

05 gennaio 2012

Grazie

Certe cose non si possono cominciare...bisognerebbe saltare l'inizio e andare subito a metà.
Correre con lo sguardo fino alla frase ad effetto, quella riuscita, sintetica, commovente; quella che mi serve per dire grazie.
I vaffanculo li tengo per me; perché le signorine beneducate non dovrebbero dire ste parole e perché non serve gran che rivolgerli a chi ci siamo lasciati o ci lasceremo alle spalle perché non ne valeva la pena.
I grazie invece andrebbero urlati ma nel modo giusto, senza retorica.
Andrebbero pronunciati con la nostra seconda voce, quella vera, come dice Daniela, che viene dal profondo e quasi ti spaventa.
Ecco, se io ce l'avessi vi direi grazie con quella voce lì.
E so che non sarebbe stridula e petulante come la mia. Senza accento e inflessione sarebbe la voce giusta per dire una cosa così.
Perché voi meritate la mia voce migliore.



03 gennaio 2012

Smettere

Drin drin drin
"Ciao Ciabatta! Buon anno!"
"Ah, ciao amico, dovevo proprio chiamarti oggi!"
....
che poi era vero.
Ieri mi ero detta: domani lo chiamo; e che cavolo, mi chiama sempre lui!
Lui mica è uno a caso...cioè ora un po' si ma una volta no...e comunque penso che certe persone non diventino mai "a caso", forse perché gli abbiamo dedicato così tanto tempo e rivolto così tanti pensieri che via del tutto da noi non se ne possono andare...è come se rimanessero impronte, tracce, fosse anche solo sporcizia che non riusciamo a togliere.
Fatto sta che mi sono scordata del mio proposito di chiamarlo.
E non è che mi fosse venuto in mente e l'avessi allontanato o anche solo rimandato; no, no, me ne sono scordata.
Sparito, scomparso, svanito, puf.
Solo quando il telefono ha squillato e ho visto il suo nome e cognome, corto secco, lampeggiare sul display del telefono, solo allora, mi sono ricordata di lui.
E allora ho pensato che forse è possibile dimenticarsi di qualcuno, metterlo così tanto da parte, convincersi così bene che lui non c'è che poi lui sparisce davvero.
Ho pensato che essermi scordata di chiamarlo era una vittoria, anzi, una doppia vittoria.
Doppia perché lui è solo lui, non ancora, non ossessione, non bisogno. Ciao amico punto.
E poi vittoria perché se ho dimenticato una volta, forse posso farlo di nuovo.
Forse arriverà quel giorno in cui il suo pensiero non avrà più il ritmo del mio battito e i miei risvegli saranno piani.
Non aprirò gli occhi affumicati dalla sua immagine che tarda a dissolversi anche questa mattina come ogni mattina.
Non sarà più ogni notte ma qualche notte e poi più niente.
Forse un giorno dovrò sforzarmi per ricordare, per sognare, per desiderare...e allora io desidero,oggi,  forte, più forte che posso di non desiderare.
Desidero di non desiderare.
Cervello non desiderare.
Cuore non desiderare.
Corpo non desiderare.
Non desiderare...
"Smettere di pensare di smettere di fumare" come cantano i Perturbazione
E volere, sognare, pensare, mangiare, camminare solo cose che ho voglia di camminare, mangiare, pensare, sognare, volere.
Quasi dimenticavo...smettere di scrivere di lui anche.