17 ottobre 2012

ciao te che leggi, non è che ultimamente non c'ero, è che ero qui.
Vieni?

13 ottobre 2012

che differenza fa?
che differenza fa fare o non fare?
che differenza fa dormire da soli con due coperte o sterri a qualcuno?
che differenza fa uscire a correre o stare seduti sguardo fisso sul pc?
che differenza fa passare quell'esame o non passarlo?
che differenza fa avere voglia e non averne?
che differenza fa uscire con loro e con quegli altri?
che differenza fa non avere risposte, nemmeno una piccolissima.

25 settembre 2012

Ale ieri, chiaramente prima che si sbronzasse di whiskey e iniziasse a bestemmia e battere i pugni sul bancone chiedendone dell'altro, ieri Ale ha detto una cosa vera: che la fine delle cose belle non si preannuncia mai, non da il preavviso, non bussa ne manda avvertimenti.
Oggi c'è e domani manco te ne ricordi più di quel senso di familiarità lì.
Lui si riferiva alle nostre cene tra ex colleghi, io no.
Io lo ascoltavo, annuivo e dentro di me pensavo ad altro.
Pensavo che so a memoria i posti in cui parcheggi e che anche ieri ho fatto il giro lungo per prendere la tangenziale e un po' ho gioito che le tue finestre fossero chiuse e la macchina posteggiata alla fine della via e tu a letto, morbido col naso chiuso.
Io pensavo che il 25 agosto stavo sul tuo divano e poi sul letto e poi in tutti i posti della casa dove facevamo l'amore, e poi basta.
Io pensavo che venerdì aprivo i cassetti sapendo dove trovare le cose, piegavo lenzuola sapendo dove riporle e che oggi già non lo faccio più e forse nemmeno domani e mai.
E poi ho pensato che forse tiro il fiato se penso che come vale per le cene così vale per l'amore. Che prima c'è e poi non c'è più. Che ci trovavamo ogni settimana e poi siamo esplosi come il mercurio del termometro che lo rompevo apposta per vedere l'effetto che faceva e toccarlo anche se mia mamma diceva no.
Provaci tu a rimettere insieme un termometro!
Ci si vota all'insuccesso e poi, come dicono loro, la si chiama sfortuna, così, tanto per sentire meno male.

16 settembre 2012

Cose che non ricordo più

Sai quella sensazione di tornare a casa?
Annusare odori familiari quando appoggio la testa sul petto perché sono bassa e generalmente al collo io nemmeno ci arrivo.
Toccare schiene di cui conosci la consistenza, la disposizione delle costole.
Sapere esattamente quanti strati troverai tra pelle sua e mani tue.
Sentire che è li che devi stare, che non c'è altro posto per sentirsi così, per amare così, per essere amata così, per essere te, sopratutto.
Sai quella sensazione di tirare il fiato perché finalmente sei arrivata?
Abbracciarti e appoggiare la valigia, lasciarsi andare, non pensare.
Spogliarsi di tutto quello che ogni giorno mi metto addosso per andare là fuori, per convincermi, indolente, ad andare la fuori a camminare, sbattere la testa, cadere, camminare, ancora e ancora.
Chiudere gli occhi e sentire che ogni muscolo si lascia andare
peso morto su di te e quasi appoggio i piedi sui tuoi e mi lascio camminare, ti lascio fare perché ne ho bisogno, perché stretta lì non si può fare altro.
Lasciarsi accarezzare,
restare immobile a sentire tutto quello che c'è dentro l'immobilità, dentro il silenzio, nell'assenza del superfluo.
Sentirmi nella tua pelle, nel tuo odore, nella tua stretta
resto ferma. finalmente.
fermami.
permettimi di fermarmi.


28 agosto 2012

sul viso

Le facce delle donne cambiano.
anche quelle degli uomini. penso.
ma quelle delle donne di più. sicuro.

La mia faccia è cambiata.
Meno dolce, più spigolosa, dimagrita.
Mi guardo allo specchio e vedo una donna più sicura.
Una che dice no e si; qualche volta anche ni, ma ora sa di averlo detto.
La dolcezza dalla faccia mi è scesa dentro.
Per i pori mi è entrata nella pelle. E' passata alle mani che ora sanno accarezzare e anche agli occhi che sanno vedere, alle orecchie che sanno ascoltare e al cuore che sa dire no quando rischia di perdere un pezzo e anche, irrimediabilmente si se è proprio lì che vuole stare.

Sul viso si legge se sei diventata donna o sei ancora ragazza.
Sta sera mangiavo il mio sashimi e guardavo lei.
Un'altra -ho pensato- è proprio un'altra.
e io lo so che non è solo perché nelle foto della Grecia avevamo dieci anni di meno.
E' un'altra perché tra il suo viso e lei ci sono tante case, tante città, qualche dolore, renne e pieghette abbronzate sulle gambe.

Sul suo viso io leggo la strada che ha fatto Lorenzo per uscire fuori e quella che ha fatto l'amore per entrarle dentro.

Sulla sua fronte c'è scritta l'equazione per tenere tuo figlio con sicurezza, per maneggiare ossa molli come se tu fossi nata proprio per fare quello.

Sul suo viso leggo che sta per partire e che domani chissà. e un po' anche che vorrebbe rimanere qui.

E allora rientrando mi guardo un po' allo specchio anche io e penso che ci leggerebbe un'altra su questa fronte qui, sulle mie labbra sottili, sulle occhiaie che se me lo dici non è perché sei indelicato ma perché sei preoccupato e io storgo la testa perché non mi hai mica tanto convinta sai...

Sul suo viso leggo cose che solo le donne sanno leggere. cose che solo le donne sanno dire: sai che sei diventata più bella.




23 agosto 2012

la settimana prima

problemi di muco.

problemi di cuore.

esercizi di precarietà.

riposini in divano.

lividi.

nostalgie.

brutti sogni.

parlano di me.

sto per diventare un po' più vecchia.

chissà che a forza di rompere le cose io non impari davvero a costruire qualcosa di duraturo.

19 agosto 2012

strategie

Pare che tutte le donne adulte conoscano la sacra arte della strategia.
Tutte meno me, chiaro.
Forse è una cosa che viene trasmessa alle femmine alpha attraverso il latte materno, oppure scatta automaticamente con l'inizio della scolarizzazione, quando si viene a contatto con i primi piccoli peni.
boh.
Fatto sta che loro sanno.
Io so cosa sono le rogatorie, lo spread, la svolta della Bolognina, la filmografia di David Lynch, gli ingredienti per il pollo alle mandorle, come togliere le zecche, cose così insomma.
Cose che non servono a niente per conquistare un uomo e nemmeno per tenerselo.
Io funziono stimolo-risposta. Non penso che per potenziare o migliorare la tua risposta il mio stimolo dovrebbe essere più "strategico": elusivo, sensuale, stronzetto, sapiente, provocatore, misterioso.
A me non eccita il mistero, il vedo non vedo, le parole ad effetto.
A me piacciono i cervelli che funzionano. Mi piacciono i discorsi, le chiacchierate lunghe, le frasi sagaci ma sagaci vere no che le hai lette su twitter caro mio!
Io funziono se vado a fondo, non se sto sopra le cose, non se le osservo solo senza indagarle, assaggiarle, conoscerle.
Io funziono male come donna lo so e l'ho dimostrato di nuovo, ieri sera.
"no, beh, chiaro che non devi rispondergli! tiratela!" disse l'amica stratega
"ok" io fingendomi stratega
......
"cosa fai con quel telefono in mano?" lei
"no guarda io non riesco, voglio chiarezza. Non  mi vuoi vedere? ok dimmelo, nessun problema, ma dimmelo che sennò sto qui con sta cosa che non sale e non scende sul gozzo e manco riesco a godermi l'insalata di pollo!" io

Morale: gli scrissi, in preda al delirio da lakka, grappa finnica dai molteplici gradi, ingenerando in lui il timore irrazionale che insorge nei cani quando gli si fa vedere arnesi dal lungo manico. Ecco. sparito. volatilizzato.

Alcibiade non sarebbe per nulla contento di me.

17 agosto 2012

l'amore è plurale

da dove si comincia a parlare d'amore?

ce lo si scrive sulla pelle, con gli occhi chiusi, usando la lingua o le dita
si tracciano solchi profondi sulla schiena con le unghie
si rimane in silenzio a fissare le palpebre chiuse con dentro occhi che sai già immaginare

io parlo d'amore anche senza parole
io l'amore l'ho imparato tra i sassi
l'ho imparato da tutti i suoi "non vai bene"

sto in silenzio, o almeno ci provo
fumo meno
bevo meno
cerco di pensare meno
attendo
ti guardo
ti coccolo. tanto.
prendo l'iniziativa. e mi piace.

questo l'amore nuovo.

e poi c'è quello vecchio, quello mio. quello che non è studio, non è conquista, non è superiorità di me che imparo dai miei sbagli.
è l'amore che sono io,
quello che mi batte forte il cuore anche se non devo
quello che non posso non amare i difetti di te
la tua fragilità, i tuoi cambi di umore, le cose che agli altri li fanno scappare e a me invece mi inchiodano cretina, tra le tue braccia

fissarti la schiena mentre dormi
cercare penisole di te nel dormiveglia
annusarti forte il petto quando entro in casa
sognare
correre troppo veloce
pensare che sei bello perché sei intelligente
amarti un po' di più ogni volta che sei sagace
temere
essere insicura.
sperare.

11 agosto 2012

"se mi tocchi il cuore io te lo porto via"

perché mi fai sentire nuda anche quando sono vestita.
perché senti cose che nessuno sente,
perché se appoggio la testa sulla tua pancia non è solo perché sono stanca.

sento che siamo diversi da una settimana fa,
più guardinghi, più impauriti - io di sicuro -
non penso sia così che dovrebbero andare le cose.
non penso si debbano cacciare giù in gola parole, sorrisi e sospiri per non farti capire quanto già faccio fatica a staccarmi da te.

non penso che quando nasce una storia le cose vadano così.
ma io di storie non me ne intendo più.
io le storie so solo disfarle inciampando sempre sulle solite paranoie, sempre sugli stessi spigoli, le stesse paure.

ho paura.
paura di te.

paura che mi spezzi il cuore e io non posso mica permettertelo sai?
sta notte sarei scappata. sta notte mi sentivo tutta scricchiolare e avevo paura.

non spezzarmi il cuore.

non costringermi a fuggire.

09 agosto 2012

ma tu hai paura degli imprevisti?

io un po' si ti dirò.

ho paura dell'imprevedibilità di me e di te messi assieme. messi assieme nel senso di vicini, contigui: pancia contro culo, testa contro pancia. incastri di incastri.

sta mattina c'è stato un imprevisto e l'abbiamo affrontato. l'ho affrontato perché io faccio da me. per me sola. ma ti ho chiamato "amore" e non va bene per niente.

ti ho chiamato nella confusione delle nostre pelli, ti ho chiamato pensando di non trovarti e invece eri lì e ogni giorno che passa, anche se sono pochi, mi stupisco che tu sia lì.

ehi ciao.

ehi ciao tu, come va?

non avresti potuto scegliere parole migliori. non avresti potuto essere parole migliori.

e io per te di parole non voglio sprecarne nemmeno una perché sei prezioso.
sei prezioso come un'imprevisto perché per lo meno dopo hai imparato qualcosa in più.
sei un'epifania di imprevisti, di finestre lunghe e alte su cieli sbilenchi e serrande abbassate.

sai che non mi sembra vero di prendere sonno ogni notte così?
sai che beviamo troppo e Andrea dice che più di 15 unità alla settimana nonono?
sai che al cinema ti ci porto io e non occorre che te lo scarichi?

sai che sono tua?

17 luglio 2012

tutto quello che so di me

Io sono una che legge tanto, studia tanto, pensa tanto. dicono.
Rompe tanto anche. dicono anche.
Insomma sono una che prima la teoria e poi la pratica perché meglio che le leggi le istruzioni prima di iniziare a montarlo che altrimenti finisce che lo rompi e cose così...
Io sono una che vuole fare le cose per bene, una che faceva gli schemi, che sottolineava con il righello e usava la matita a mina dura, che là hai già detto tutto.
Io sarei una così. sarei che è come dire non lo sono quasi mai.
Quasi mai io imparo qualcosa dai miei appunti, dalle moleskine stipate di nomi e ritagli di giornali che finiscono irrimediabilmente nel secondo cassetto del comodino a far compagnia al walkman con lo sportellino rotto.
Quasi mai mi ricordo quello che leggo se non è un'emozione, una metafora ben riuscita o un'immagine che mi sconvolge la pancia.
Quasi mai quello che so di me e degli altri prescinde dal corpo.
Io sul corpo ricordo: quei due lividi sulle braccia di tanto tempo fa, questo sul seno sinistro che ci sta mettendo più del previsto ad andare via...proprio come il ricordo di lui..., la bruciatura sulla schiena che mi ricorda te lontanissimo.
Tutto quello che so di me riguarda il corpo.
Tutto quello che ho imparato di me passa per il corpo.

La prima volta che non ho mangiato perché non avevo fame e poi perché mi piaceva non avere fame e poi perché era l'unica cosa che sapevo fare quando le cose non andavano esattamente come volevo io...come voglio io...
Il mio corpo mi ha insegnato che si va avanti anche senza energie, anche senza amore e rispetto; si va avanti anche con i lividi blu, i capelli spenti, le costole in vista...si va avanti perché lui te lo lascia fare, finché te lo lascia fare; finché non ti insegna dove finisce la tua pelle e inizia il resto del mondo.
E così impari i confini, di te e degli altri.
Impari che per toccare e baciare serve prendersi cura di se prima di tutto.

Il mio corpo mi ha insegnato che ci sono tante note, tante sfumature, tanti modi per fare le cose. Non uno buono per tutti. Non uno buono per sempre.

Il mio corpo mi ha sorpreso anche.

Il mio corpo è molto più empatico di me, molto più sensibile. saggio aggiungerei.
Lui sa di chi fidarsi e chi no. Lui sa da chi farsi toccare, con chi lasciarsi andare.

Dal corpo non si sfugge.
A lui non dico bugie. non posso.
"si si, va tutto bene" dico io.
"maneanchepersogno" dice lui e mi ordina di vomitare, di avere mal di pancia, la febbre, la tosse, di svenire, di avere bisogno di te.

Lui ordina e io eseguo: raccolgo i pezzetti, la pelle, le ossa, la carne e le cullo, le incollo, le rimetto insieme finché lui dice che basta, che è davvero ok, ma no solo per finta.

Io al mio corpo ho imparato a non dire bugie ma a volte litighiamo lo stesso.
Anche ultimamente siamo un po' così.
Lui mi spedisce al bagno e io non posso non pensare che sto muovendo i piedi nella direzione sbagliata.








15 luglio 2012

domenica gnegne

ci sfioriamo un po' che ho voglia di vederti sorridere?
di dire gnegne e stare a un palmo di naso dalle tue costellazioni
e annusarti e levarti la maglietta piano mentre tu tiri in dentro la pancia anche se mica ce l'hai...
e di stare a non far niente a letto, così
e di guardarti a fondo negli occhi buoni e pescarci dentro pretesti di poesia








10 luglio 2012

cose che voi umani tzè

oggi ho visto cose che voi umani nemmeno ve le sognate:

anziani fascisti con fasci littori 32x15 tatuati sugli stinchi.
Cazzo ci faccio io con anziani fascisti? Nulla, sono solo alcuni dei miei datori di lavoro. son fortune, lo so.

nomi tecnici di materiale elettrico uguali uguali ai nomi dei goldoni e/o sex toys...tanto perché non devo pensare al sesso. meh.

padri più stalker di te che riescono a dimostrare in maniera insindacabile che, ebbenesì, sei una scopaparenti. lui non lo sa chiaro. mio padre intendo. e neanche il parente.

giorni che passano lentissimi e non sei abbastanza stanca da dimenticarti di te nemmeno dopo 9 ore di lavoro. nemmeno quando ti rendi conto che a fare ogni giorno cose che non ami diventi sempre meno umana, sempre meno felice, sempre meno te.






09 luglio 2012


cose da fare



- tagliarsi le dita delle mani
- cambiare marca di biscotti, fette biscottate, marmellata
- annusare Lorenzo
- fumare meno
- bere meno
- fare quella telefonata che non ho voglia di fare
- dimenticare le costellazioni sulla sua schiena
- trovare una coinquilina e anche un altro lavoro
- respirare
- buttare vestiti
- risparmiare
- non premeditare
- leggere quel libro lì
- pensare a me e non a te


07 luglio 2012

vaffanculo


vaffanculo poesia che ti infili nelle sue mutande, che fai sbattere le foto appese ai muri, che mi fai addormentare solo testa contro spalla.
vaffanculo io che ti faccio guidare la fiesta ed è come se ti dessi le chiavi di me; e vaffanculo perché ti chiedo di venirmi a prendere che non riesco a scendere dal muretto del duomo e poi ti bacio lungo tutta la riviera e rido e sono ubriaca e non ci penso e sto bene.
E vaffanculo ai nei sulla tua schiena che li so a memoria e 'fanculo alle questioni di piedi che se non ce li avessimo avuti forse non ti stringerei così...
Fanculo a te e a tutta la tua casa: al ventilatore che è andato tutta notte, alla luce dalle finestre alle 6.00 che nono non mi da fastidio..., al lenzuolo da sotto che non c'era e io ciò freddo anche se fa caldo ma non ho detto niente.
Fanculo a come mi fai sentire.
Che mica te l'ho detto ma tanto tu l'hai capito lo so.
Fanculo che mica ci pensavo a tutto questo quando ti ho detto si ok per l'aperitivo.
Fanculo ai pensieri che non mi hanno fatto dormire e che al mattino sono diventate parole tra me colpevole e e te comprensivo.
Fanculo al te al mirtillo e pure a te.
Fanculo a me che non riesco a non essere me, che non imparo, che non mi serve l'allenamento perché inciampo sempre sulle stesse cose, sempre sullo stesso sasso: grosso, ingombrante, rosso. cuore.


03 luglio 2012

inchiodata

Oggi ho imparato che non serve scappare perché la vita se vuole ti inchioda.
Ti fissa le ossa e la pelle al muro e tu nemmeno ti divincoli più.
Non ti dibatti perché non ci pensi, perché non ci sei...perso, inchiodato lì, quando meno te lo aspetti, da chi meno te lo aspetti.
Oggi la vita mi ha inchiodata e io non sapevo nemmeno più chi ero e dov'ero.
Oggi guardavo te e intorno non sentivo niente, non vedevo niente, non ero niente all'infuori di quel io e te, fermi in mezzo alla sala d'aspetto inchiodati un po' alla mia vita e un po' alla tua.
Oggi ho capito perché si è soli in un letto anche quando si è nudi e abbracciati, perché ci si fonde solo per un attimo e poi il pensiero scivola via liquido e non possiamo far altro che fingere di essere ancora lì dove invece è rimasto solo il segno lasciato dal peso del nostro corpo.
Non esiste abbraccio, non esiste bacio, nè penetrazione o orgasmo che inchiodi ad un altro, che spenga il mondo, che blocchi il corpo e il cuore nello stesso identico punto, con lo stesso identico chiodo che non sia tu.
Non esiste unione più perfetta e completa, non esiste amore più sicuro di quello di te che stai nelle mie braccie e di io che ti sorreggo.
Non esiste abbandono paragonabile ai tuoi occhi che mi fissano limpidi perché dentro non c'è nessun'altro pensiero che me. Io in te, tu in me e nient'altro.
Non si ritorna con il corpo, non si parte con la testa quando si è uno nell'altro così.
Non c'è bisogno più grande, impegno più urgente, distrazione sufficiente a distoglierci da noi.
Bastevoli.
Manchevoli di niente.
Inchiodati. Fissati alla vita che io ti ho dato e a quella che tu che sei me fai rifluire.

Oggi ho capito che non esiste perfezione più grande nè amore più perfetto di te e lei che per un attimo sono stata io.

Oggi Lorenzo Elias è nato.
Oggi la vita mi ha inchiodato e io devo dire grazie.

02 luglio 2012

"Mi trovo a rincasare ogni volta nella stessa condizione di solitudine. E' colpa del sesso? Se non fosse per il sesso,  non saremmo tutti perfettamente appagati dai nostri amici, dalle loro confidenze, dalla loro compagnia? Io voglio bene ai miei amici. Sono una buona amica per loro. Ma appena mi innamoro comincio a sentirmi sola."


(GRANTA vol II, Sesso)

01 luglio 2012

aspettative e congiuntivite

Le aspettative non bisognerebbe mai averle.
Proprio così.
E metto pure il soggetto anticipato, si.
Le aspettative sono la cosa peggiore se in realtà non hai niente da aspettarti ... e pure se qualcosa da aspettare ce l'hai, mi sa.
Le aspettative sono la degenerazione dei sogni. Sono i sogni che sfuggono dalle pieghe del cuscino e ti rimangono attaccati ai capelli scompigliati, così te le porti dietro fino a sera, fino a che non torni, finalmente, a casa dopo una giornata a non fare granchè.
O meglio: una giornata che se non fossi stata così ottusamente bloccata ad aspettare cose, sarebbe anche stata bella...
Prima, mentre mi mettevo il collirio, pensavo alla correlazione tra congiuntivite e aspettative ... che detto così so che non suona bene, ma invece si, giuro.
Il problema della congiuntivite è che ti fanno male gli occhi e quindi oltre a non vedere bene, causa occhi cisposi, non vuoi nemmeno vedere bene, perché ti danno fastidio i colori forti, le immagini luminose e la luce in genere. Ti da fastidio tenere lo sguardo fisso e tutto quello che non è stare al buoi con gli occhi chiusi ecco.
E per le aspettative uguale.
Quando hai delle aspettative è come se fossi chiusa in una stanza buia; è come se i tuoi sensi fossero tutti in stand by, tutti bloccati dal tuo cervello che ossessionato ripete "devi, devi, devi, devi, devi, dev..."
Perché tutto deve essere come te lo aspetti, come lo vorresti, come ti sei immaginata che sarebbe stato ... come, in definitiva, non è.
E se tu ti aspetti quello che non c'è, allora significa che non vedi, che hai gli occhi chiusi, le orecchie spente, il cuore incriccato.
Io di ieri non ricordo il colore dell'erba, non ricordo se c'erano odori strani in quella piscina, non ricordo le persone; non ho cercato storie ieri, non ho imparato niente.
Non ho visitato la casa di Erika, non ho riflettuto sulle parole di Maddalena che mi diceva che "sta piscina qui l'hanno finita in fretta e furia per fare bella figura alle elezioni e dopo due anni hanno dovuto rifarla perché era scadentissima", non ho chiesto a Claudia quanto la mette a disagio quella cosa lì.
Io ieri non ero lì.
Io ieri ero solo le mie aspettative ... che è come dire che la congiuntivite ce l'avevo già. Capito?



27 giugno 2012

... e se poi ti infili nei sogni della mia pennica ...

mentre sogno di affogare in una piscina di gomma blu e mi sveglio di soprassalto terrorizzata perché so che la piscina è bassa ma il pensiero che sia comunque più alta di me mi sgomenta.

Mi sgomenta questa confusione, queste immagini che si sovrappongono e i ricordi che io spingo giù con tutte e due le mani ma che continuano a saltare fuori da tutti i miei fori ...

Mi sgomenta sentire che qualcosa dentro di me freme e si dibatte ... e mi sembra di non avere abbastanza forza per tenerlo fermo, per tenermi ferma, per non mettermi a correre ... avanti o indietro non lo so più nemmeno io.

Cerco di pensare che è solo pelle, che sono solo sguardi, solo parole: solo bla bla che dicono tutti, sempre uguali, sempre banali sempre attesi e ugualmente disattesi.

Cerco di pensare che non è niente, che non sarà niente, che è passato tanto tempo, che sono successe tante cose, che ne succederanno altre, che non c'è altra strada che questa...

solo che io non lo sapevo.

non sapevo che quando ti togli la maglietta al buio in una casa senza elettricità, ti togli mesi grigi e canzoni stonate dal cuore

non sapevo che quando appoggi il viso accaldato sull'avambraccio di qualcuno, appoggi anche parte delle ragioni che ti sei data, parte dei tuoi massi

 non sapevo che se ti lasci accarezzare in silenzio succede che poi hai paura di nuovo e non è tuttaposto niente.


21 giugno 2012

congiunzioni avversative e avverbi negativi

Ieri ero a bere una robetta (che poi -etta non lo è mai perché fa caldo, perché ho sete, perché di là fanno i cocktail meglio, perché é l'ultimo...e poi quando alle 23 guardi l'ora con l'occhietto bollito e esordisci candida "io sarei un po' ubriaca" e ti senti rispondere "anche noi", capisci che c'è dell'amicizia vera) con le fide amiche singol più una guest fidanzata che però secondo me se la passa gran peggio di noi donne sine penis domesticus.
Comunque eravamo lì, grondanti di sudore a sbevazzare ed indicare le une alle altre improbabili uomini in canottiera gialla e sciavatte quali compagni durevoli, quando (ma guarda che novità) siamo finite nei soliti discorsi che hanno come soggetto il nome UOMINI seguito o preceduto, cambia niente, dalla congiunzione avversativa MA (e a volte anche dalle parole ECHECAZZO).
Piccolo inventario:
"ma gli uomini dove cazzo sono finiti?"
"ma di trentenni (sottinteso) normali ce ne sono?"
"ma tutte io le merde (non sottointeso; è un sinonimo. controllate. giuro)"
"ma guarda io basta con gli uomini" (credici sorella)

insomma cose così.
Si lo so, siamo noiose!
A nostra discolpa devo però dire che al momento io e le fide deteniamo, probabilmente, il guinnes dei bidoni nella città dei sampietrini..tipo che se andiamo in un locale stai sicura che ci sono almeno 2 per ciascuna quindi 6 in totale, uomini con cui abbiamo avuto relazioni fallite, approcci sessuali miseramente naufragati, buche colossali e belle cose così.
C'è della professionalità me ne rendo conto.

Detto questo, si è presentato a noi l'annoso interrogativo: dato che con un uomo ci usciamo massimo una volta perché poi, nonostante l'uscita sia andata bene (giuro!) e c'è stato, magari, anche il limone di cortesia, lui sparisce (sui motivi della sparizione dell'individuo bisognerebbe aprire una parentesi lunga e dolorosa. Basti dire che generalmente i bocconcini da cui veniamo avvicinate sono: matti, innamorati di altre donne, fidanzati con altre donne, appena mollati con altre donne, ignavi, omosessuali, stronzi, neocatecumeni, troppo giovani, troppo vecchi.), ci chiedevamo: è meglio chiudere queste miserande uscite con le sacre parole "almeno gliel'ho data" o "almeno non gliel'ho data".
Le opinioni, devo dirlo, per onor di cronaca, propendevano quasi all'unanimità per la frase senza avverbio negativo, asserendo come motivazione il fatto che lo fai per te, chechissenefrega, che se è una persona di merda tanto meglio che poi non lo rivedi più.
Io però, nonostante i conseguenti picchi ormonali e acidità corrosiva,continuo a preferire (e praticare) la seconda opzione perché, per quanto il fido A. sostenga che "l'anima a Dio, la vagina a chi voglio io", a me solleva il pensiero di non essermi concessa ai suddetti soggetti.
Mi piace pensare che "ok ho limonato un coglione del '79 che dopo avermi stalkerata per mesi mi ha scaricata per la sua ex brutta e psicopatica, ma almeno non gliel'ho data!"

20 giugno 2012

Non dicono forse che tutto ha un senso? Anche le cose brutte?
Anche quelle che ti fanno sentire piccola e sciocca, anche quelle che un po' ti senti nuda e colpevole?

Oggi si.

Oggi che il fatto che lui non mi risponde (e lo so che neanche mi piace) mi da più fastidio di quanto dovrebbe; mi importa più di quando sarebbe ragionevole per uno che neanche bacia bene. tiè.

Oggi che Giovanni mi ha scritto che non riposarsi dopo la laurea non va bene per la "testa" e cià ragione visto che mi sono ammalata e solo ora, che sono da tre giorni letto-divano, divano-letto, mi rendo conto di quanto non mi sono resa conto, di quanto ho corso, di quanto ho divagato, di quando ho lavorato, di quanto, di quanto...sono rimasta ferma sui sampietrini scomodi di questa città, sul balcone di marmo della finestra della mia camera che mi assomiglia così poco...

Oggi che quello che faccio mi piace gran poco e mi annoio e sudo e vorrei dire tante parolaccie ma tanto nemmeno quelle servono.

Oggi mi fermo perché è davvero ora di ripartire.




p.s.: E i peni lasciamoli a qualcun'altra che tanto io ciò il ciclo!

so soldi

Prima stavo preparando le zucchine trifolate e non so perché ma mi è venuto da pensare al rapporto che gli uomini che ho frequentato nella mia disgraziata vita, avevano con i soldi, e sopratutto, il rapporto soldi - vita di coppia, ecco.
Allora, partendo dal presupposto che io non è che proprio, proprio possa paragonare la mia lista di uomini all'elenco dei tesserati P2, (che poi si dice che sia la qualità e non la quantità che conta ma anche lì mi sa che sono in difetto...), cmq qualche esperienza ce l'ho avuta, suvvia!
E, sulla base di tale esperienza posso classificare, almeno 5 approcci al denaro:

1) L'uomo che paga tutto lui (senza voler niente in cambio): raro, rarissimo. Penso sia in via di estizione come l'ochelot o già estinto come il dodo. Una volta lo si sarebbe chiamato l'uomo "cavaliere" o, in tempi più recenti, "homo-homo".
Io ho avuto l'enorme fortuna di incontrare uno dei pochi esemplari rimasti quando ero ancora una tenera fanciullina appena uscita dalla teen age. Talmente tenera che chiamarmi cretina fa uguale va'. Bhe, fatto sta che l'ho scaricato incurante del bendidio che mi era capitato e ignara della sfiga in cui mi stavo per cacciare (vedi tipo 5).
Comunque eravamo ancora nei primi anni 2000 quindi secondo me adesso sono davvero tutti morti o trasformati in qualche meno nobile sotto categoria, quindi scordatevelo! O accontentatevi della versione 2.0:

2) L'uomo che paga tutto lui solo perché vuole la tua vagina: ebbenesì.
Piacevole, non c'è che dire, anche perché di solito questo ci sa fare, cioè tipo che potrebbe fare l'escort di mestiere per intenderci...
Gentile, educato, ben vestito, curato, ti porta nei posti giusti: aperitivo, cena, dopo cena...ti fermi da me? si!
...................................................
più visto, ne sentito.
Bhe, almeno non ho pagato io.

3) L'uomo che paga tutto lui perché sua mamma gli ha detto che si fa così.
"ma dai tu hai già offerto il primo giro"
"no lascia stare"
(compiacimento femminile)
"daaaai! ma hai già pagato?! almeno ti do i soldi"
"lascia stare, metti via"
(quasi si bagna la mutanda)
"aspetta che vado a pagare il caffè..."
"lascia già fatto!"
(adesso lo faccio mio)
"ma dai, mi dispiace che hai pagato tutto tu!"
"mia mamma mi ha sempre detto che non si fa mai pagare una donna; ce se io faccio pagare una lei si incazza"
"......................................................(muori)".

4) L'uomo che poichè ti vuole scopare ed, inoltre, è moooolto più grande di te, dovrebbe pagare tutto lui e non lo fa.
Subdolo e infido l'uomo tirchio vorrebbe scoparti con dispendio zero di energie e soldi, tanto che ti ubricata per non farti sentire la fame e non doverti offrire la cena.
 Perché dai, diciamocelo, se alle 23 ci rendiamo conto che sono tipo 5 ore che siamo seduti in piazza a bere bianchetti e io dico "oh che tardi, non abbiamo neanche cenato!", tu, se non fossi un tirchio maledetto, non rispondersti "su dai, andiamo a bere una roba da un'altra parte!".
Se io non ceno, ho fame, tanta, divento irritabile, cattiva e, sopratutto, non te la do, uomo tirchio, ricordatelo!
E sopratutto il pagamento alla romana, se siete nati prima del 1989, sapete dove potete mettervelo?!

5) L'uomo che non offre niente, mai e le rarissime volte in cui lo fa paga, al massimo, (ma generalmente ha sempre pezzi grandi. so' problemi eh.) il suo o i due euro dei 102 che devi sborsare puntualmente tu!
Merda suprema delle merde, questo è l'uomo che dovete fuggire come la peste nera perché il suo atteggiamento con i soldi è rivelatore della sua merdosa indole: fai tu, arrangiati amore, io sono stanco/ ho troppi pensieri e/o pensieri più importanti/ non ho energie (top)/ tu sei più brava.
E tu sei una merda!
Ignobile cratura vi sfrutta fin dall'inizio ma voi obnubilate non ve ne accorgete perché pensate di avere tra le mani un uomo superiore, il maschio alpha a cui è concesso tutto, ma proprio tutto, perfino fare pagare a voi la cena dell'uscita per il vostro anniversario (che viene rigorosamente festeggiato giorni/settimane/mesi dopo la data ufficiale perché lui quel giorno era impegnatissimo. come no.) che ha organizzato lui.
Scappate appena potete, non lasciattevi iretire da cotanta merdosità. Non vi merita e non si merita una lira. Al massimo potete aprire un fondo tipo telethon per abbonarlo a vita ad un servizio di psicoterapia. Ma anche no.


16 giugno 2012

Si lo so che lo fanno tutti, ma in una domenica pomeriggio hangover si può tutto.
Anche mangiare tantissima cioccolato se non fossi sicura di vomitare...comuqnue, pensavo alle cose che amo e a quelle che odio e al fatto che me ne vengono continuamente in mente di nuove...sopratutto quelle che odio... siccome finisce sempre che se io non scrivo le cose poi me le dimentico, eccoqua:

AMO

guardare le repliche dei telefilm così tante volte da sapere a memoria le battute.

comprare libri. tanti.

stalkerare: dammi un nome e ti trovo quello che vuoi.

cantare e ballare in macchina canzoni oggettivemente brutte. Soprattutto mi piace farlo con mia sorella.

le lucciole in giardino a maggio.

il caldo.

fare ridere qualcuno. di gusto.

gli uomini con la barba e i baffi.

spararmi mille puntate di un telefilm in una giornata sola.

i vestiti dopo che hanno preso la forma del mio corpo ma anche i jeans appena lavati che stanno ancora stretti sul culo.

andare in moto/motorino dietro a qualcuno ai concerti così troviamo parcheggio subito e vicino all'entrata.

Gli uomini tatuati. Sopratutto quando intravedi il tatuaggio dalla manica della maglietta. brividi.

quando riesci a sostenere una conversazione fatta solo di battute e frasi brillanti con un uomo. generalmente è amore o amicizia vera. belle cose.

procrastinare il ritorno a casa con frasi come "ci fumiamo l'ultima cicca" "beviamo l'ultimo".

ODIO

La maniche troppo lunghe. Ma perché se un vestito é taglia S tu ci devi mettere le maniche di una XL?

dovermi impegnar per pronunciare la parola "Jeghermaister"

i dolcevita bianchi effetto collo ingessato e gli accessori bianchi in generale.

Lo smalto perlato.

Chi si allaccia le scarpe sopratutto se Converse, cose non si fanno punto.

Il fatto che se sei genitile con uno passi automaticamente per una che ci prova/ci sta.

i peli e quelle che ti dicono "io non mi depilo le coscie perchè tanto c'ho i peli biondi". Si ma cazzo sempre peli sono!

il freddo, i piedi freddi e quelli che al primo sole ti dicono che non vedono l'ora che arrivi l'inverno o che "ok caldo ma non troppo che poi rimpiangiamo il freddo". Io il freddo non lo rimpiango mai, ricordatelo.

le mutande che si infilano tra le chiappe.

i pantaloni a vita alta; che dio benedica gli anni 2000 e la panza de fori.

chi usa gli stuzzicadenti. schifo schifo schifo. E guarda che non serve a un cazzo che ti metti la mano davanti alla bocca mentre ti ravani i denti che tanto si vede uguale.

gli uomini con i sandali e le mutande sintetiche. colorate.

i segnali equivoci.

i miei occhi che non fanno mai quello che gli dico e tutti ci leggono dentro le cose.

sbagliare (quasi sempre) a comprare il numero delle scarpe col tacco.
Perché non viviamo in un mondo in cui sono i commessi a dirti che numero porti e non tu a doverlo dire a loro? Perché non esistono le scarpe su misura (economiche intendo)? Perché devo avere un piede leggermente più lungo dell'altro?

quelle che si tengono gli occhiali da sole in testa. Anche se le battono quelle della combo: occhiale in testa + mollettone che Irina Derevko a te ti fa na sega!

Quelle che chiamano tutti amore/tesoro/stella/gioia/cuore.

Quelli che non dicono neanche una parolaccia ma anche quelli che bestemmiano (male).

i brufoli a 27 anni perché ti é venuto il trip dei prodotti bio e ti sei cuccata la dermatite.

quelle che ti dicono che loro non si mettono la crema sul viso perché non hanno tempo per ste robe che la loro vita è troppo frenetica. esplodi. Io la crema sul viso me la metto anche sbronza marcia.

quelle che non ordinano alcolici. che lo so che sono stronza ma io dico, allora stai a casa tua no!

quelli che mettono TUTTE le foto delle vacanze in fb e quelli che cambiano status sentimentale.

le coppie che vogliono farti uscire dal tuo stato di singol presentandoci amici che, secondo loro, sono proprio, ma proprio "giustissimi per te". mai.

sport violento

Il sesso occasionale è uno sport violento.

O forse lo è il sesso in generale, pure quello stabile, nel senso di quello che fai sempre con la stessa persona, tra le stesse lenzuola (cambiate ogni tanto chiaro), nello stesso letto di cui conosci tutti i rumorini e i cigolii che cambiano in base alla posizione e cose così...

Io quel sesso lì non me lo ricordo più tanto bene...sfumato, sfuocato e va bene così...però so che non mi facevo male. Non tornavo puntualmente dolorante e coperta di lividi. Non mi sembrava che fosse così...così...violento, ecco!

Ma come fa una ad avere una vita occasional-sessuale attiva senza inficiarsi la vita sociale causa aspetto da lottatrice di kick boxing e/o da Irina Derevko seviziata dal pappa?!

Che poi come glielo dici ad uno di cui non conosci l'odore o la consistenza della pelle: più in su, più in giù, più piano, più forte...mah!

E se la violenza...che poi sarebbe meglio chiamarla veemenza...fosse il prezzo da pagare per l'assenza di pasticci sentimentali? per il fatto che non ti troverai mai a sedare un litigio con il sesso e metterci dentro tutta la rabbia che non dici? o ancora per il fatto che puoi permetterti di fregartene del fatto che se lui ti fa qualcosa devi obbligatoriamente ricambiare?

E se fosse colpa dell'improvvisazione...e forse anche un po' dell'alcool con cui generalmente si annaffiamo le serate sessualmente tese?

E se invece fosse solo che quando si prende fiato e si riavvia fa sempre un po' male?


27 maggio 2012

matrimoni

C'è la gente che fa i post su come vestirsi ai matrimoni o su come abbordare il testimone dello sposo e io invece potrei farlo su come sbronzarsi e perdere la dignità in una pluralità di modi.
Sono un imbecille lo so... ma quando è partito il video "come eravamo" mood con le foto degli sposi da piccoli non ce l'ho proprio più fatta...
Sono felicissima per la mia amica sia chiaro ma non è facile andare ad un matrimonio di una coppia giovane ed essere (quasi) l'unica singol tra tante coppie giovani e belle.
Non è facile vedere il lui di turno che va al bar ad ordinare due drink, che prende due antipasti/primi/fette di dolce/amari o che va a recuperare le ballerine di lei che non riesce più a stare sui tacchi.
Non è facile vedere così tanto amore e/o formalismo amoroso in un solo luogo. cazzo.
E, mi spiace, ma l'unico modo di reagire che ho trovato è stato prendermi cura di me!
Che detta così suona anche bene...per esempio: se Sergio va al bar e prende due calici di prosecco, uno per lui e uno per Simona, anche io ne prendo due: uno per me, e uno per me. Giusto no?!
E fin qui la situazione era ancora sotto controllo...i problemi sono iniziati quando il mio famoso "vestitino dello scopo" (che poi mi sono interrogata anche ieri sera sui magici poteri di quei 20 euro marchiati intimissimi...ok, gambe nude, ok nero, ok elegantino, ma secondo me il segreto sta tutto nella consistenza carta velina che se uno ti abbraccia o ti sfiora sente tutta te stessa come se fossi nuda) ha attirato gli altri 2 singol della festa...sorvolando sulla qualità umana che non era oggetto di attenzione (perché io, lo giuro, non avevo alcuna intenzione cuccativa)... hanno inziato a portarmi da bere stile catena di montaggio Ford. Una disfatta.
Fatto sta che disagio emotivo per il troppo amore nell'aria + alcool come se piovesse hanno fatto un mix micidiale e al momento del suddetto video ho iniziato a piangere come una fontana.
Guardavo le foto di Ale e Giulia che scorrevano sullo schermo e non riuscivo a non pensare che se tutto fosse andato diversamente (che poi LO SO, LO SO, che non è vero e che il problema è che avremmo dovuto essere diversi, non solo fare cose diverse...ma ieri era difficile scindere) avrei potuto esserci io in quel video, avrebbero potuto essere quelle di chisaitu le tute anni '80, i tagli di capelli sbagliati, i denti storti, gli occhiali troppo spessi, le candeline sulle torte di compleanno.
Avremmo potuto essere noi quelli che hanno intorno amici che li amano, familiari felici e una singol sbronza arrampicata sui tacchi troppo alti con a fianco due babbei che le continuano ad offrire da bere nella speranza che lei a fine serata se lo tolga quel vestitino troppo leggero...
E invece noi non abbiamo mai avuto foto a 32 denti per due e nemmeno sguardi innamorti e baci appassionati.
Noi non abbiamo mai imboccato quella strada che ti porta lì dove Giulia e Ale sono arrivati ieri.
Non non eravamo fatti per, ecco tutto...solo che capirlo costa fatica e dolore e ieri per un attimo ne ho sentito un pochino.
E allora beviamo per dimenticare...immagino di aver pensato...(anche se, ieri, il pensare non era propriamente l'attività principe del mio cervello), beviamo perchè comunque sono in piedi (quasi) a divertirmi e non c'è nessuno che mi pianta il broncio perché mi comporto come non lui non vorrebber. tiè.
Beviamo perché sono una singol più trentenne che ventenne che, come nella miglior tradizione, si sbronza e cucca ai matrimoni.
Beviamo perché tanto ho una settimana per riprendermi prima della prossima sbronza (che poi sarà LA SBRONZA).
Beviamo perché non me lo ricordo più ma beviamo... e al mal di testa ci pensiamo domani.

23 maggio 2012

c'è una linea sottile

C'è una linea sottile che divide le persone che ti vogliono cambiare perché si e quelle che invece ti aiutano a cambiare, tirando fuori di te la parte migliore, quella più luminosa, quella che non usa i jeans ma le gonne e non perché così sei più sexy.
Ci sono persone che sanno levarti il grigiume a forza di carezze e pazienza.
Persone che non alzano la voce, che non ti intimidiscono o umiliano per farti fare quello che voglio loro, per farti diventare come vogliono loro.
C'è una linea sottile che divide chi ti ama così come sei ma ti vuole talmente bene che vede anche quelle cose di te che tu, annichilita da critiche e rimproveri, non sapevi nemmeno di possedere, nemmeno di meritare.
C'è una linea sottile tra chi ti aggiusta e chi ti manipola, tra chi ti guarisce e chi ti ferisce.
C'è una linea sottile e tu sei sempre stata dalla parte giusta. di me.

21 maggio 2012

Oggi avrei persino un po' di voglia di pestare i piedi a qualcuno ballando stretti stretti.
Che poi io di balli lenti non è che ne abbia fatti molti...
Il primo è stato a quindici anni, alla festina nel sottoscala della Camilla.
Mi ricordo che avevo quella gonna orribile di lana a scacchi che mi arrivava fino al ginocchio e mi faceva sembrare una suora o una ginnasiale sfigata che poi era più o meno uguale.
I miei compagni, quelli della città, ballavano stretti stretti a due a due e io e la Meg, probabilmente, ci guardavamo sbigottite, esattamente come facciamo adesso di fronte alle tipe culone che credono che i legghins siano dei pantaloni; e poi è arrivato Giovanni e mi ha chiesto di ballare e io non lo avevo mai fatto e non sapevo nemmeno cosa rispondere e così per non dire no ho detto si, si ok balliamo, o forse non ho detto niente e mi sono lasciata prendere per mano.
Non ricordo la canzone, non ricordo nulla, se non la sensazione stranissima dello stare tra due braccia educate, ingenue, gentili per il solo fatto che non volevano tastarmi il culo o entrare nelle mie mutande.
La seconda volta è stato a diciannove anni. Atene, 2003. Notte calda di luglio. Troppo fumo, troppo alcool, troppa confusione...when the night has come, and the land is dark....e non so nemmeno io come (il perché quello si me lo ricordo) ci siamo stretti a ballare asoltando "stand by me", un auricolare io un auricolare tu, e intorno solo i clacson ateniesi frenetici e maleducati e il respiro pesante di Giovanni che dormiva nella stanza di fianco.
Due sogni. Ecco come ricordo i due lenti stretti stretti della mia vita. Sogni perché talmente confusi e sfumati che non sono mai stata convinta di averli vissuti davvero...e un po' anche perché i lenti a me non si addicono, lo so. E tantè che stasera ne vorrei uno.
Uno solo da dimenticare in fretta, da lasciare sfumare insieme agli altri e a cui ripensare ogni tanto quando mi vien voglia di pestare i piedi a qualcuno.

20 maggio 2012

Le foto degli anniversari

Sta sera è una di quelle sere in cui, dopo aver tentato di sedare il bisogno di attenzione/amore/coccole/calore/passione o più semplicemente...pene, con num 2 stecche di lindt fondente al 75 % (che già ti prude il mento e lo senti, oh se lo senti, il brufolo che sta per spuntare fiero), finisco in fb a spiare morbosamente gli album d'amore di chinque abbia il profilo aperto per convincermi che in coppia io proprio no.
I miei preferiti sono quelli degli anniversari, poi passo a quelli delle vacanze e, se ancora non ho raggiunto l'obiettivo, concludo con quelli delle festività varie ed eventuali.
Quelli degli anniversari però rimangono i migliori!
Le mie lunghe scorribande tra i ricordi altrui mi hanno aiutato a stilare le regole dell'anniversario perfeccio:
Primo, la scelta del posto deve essere effettuata rigorosamente tra queste località statisticamente ai primi posti per affluenza di coppie in viaggio d'amore: Firenze, Siena, Pisa, Roma o una qualsiasi spa in montagna, che tipo che se tu sei singol e ci vai per cuccare hai meno successo che se fai una lap dance all'istituto maschile per ciechi.
Secondo: le foto di vostra nonna che canta "vieni o madre in mezzo a noi, vieni maria quaggiù, camminermo insieme a te verso la libertà..." durante la visita evento al monte della madonna nel mese mariano, deve trasmette più jolie de vivre rispetto a quelle in cui i vostri visi si accostano castamente, sicuri del duraturo sentimento che vi lega (che ormai le foto lumacose con l'hard lemon le abbiamo pensionate) o in cui vi lanciate sguardi innamorati da un capo all'altro della zozza tavola del ristorante
Terzo: la qualità delle foto DEVE essere infima sennò non le vogliamo. Sfuocate, teste tagliate, piedi inesistenti (che può anche essere un vantaggio se hai le caviglie grosse), occhi rossi e/o modificati stile alieno/vampiro/licantropo.
Quarto: l'albergo va fotografato in lungo e in largo senza tralasciare la colazione internazionale denoatri. Ricordatevi di soffermarvi sulla marmellatina valfrutta e indugiate sull'occhio cisposo del vostro lui mentre sugge il caffè dalla tazzina sbeccata. Tres chic.
Quinto: i casti fanno le foto al letto, i veri trasgressivi, invece, nel letto, lasciando intravedere quei due/tre centimetri della spalla nuda di lei...grrr...tocco con mano la vostra passione.
Sesto: il look deve essere impeccabile. Belli belli belli come nelle foto per la tomba. Trench beige per lei, bomberino blu e capello ingellato per lui. La camicia bianca è di rigore e la scarpa deve essere una stringata comoda e versatile. Per la sera largo ai modelli "corso australia" e al look "50 bocca e amore".
Settimo: ricordate che la vera trasgressione è l'anniversario double: voi e i tuoi/suoi genitori. Due generazioni a confronto, la conferma che l'amore può durare per sempre e che a lui, tra ventanni, la polo tirerà esattamente sulla panza come a suo padre.
E se proprio volete esagerare, ecco per voi una serie di perle direttamente dalla mia vita precedente da fidanzata di qualcuno: addormentatevi mentre lui vi parla dell'itinerario che ha minuziosamente pensato per l'indomani, sbronzatevi e mettetelo in imbarazzo davanti ad estranei appena conosciuti comportandovi come una burina, sparatevi blu notte in un albergo mentre lui vi russa di fianco e meditate su quanto merdosa sia la vostra relazione.
Ma sopratutto: dimenticate che siete innamorati (lo siete? maddai?) e ricordatevi che siete una coppia. Solida, matura e doverosamente felice.
Grazie di esistere foto degli anniversari.

12 maggio 2012

Se sei castana con gli occhi azzurri va bene (col cazzo) anche se sei senza tette.


"Se sei castana con gli occhi azzurri va bene anche se sei senza tette."

Tò.

Questo il poetico approccio di esordio di uno in cui sono incappata ieri sera.
Cicca sulle scale del locale, socialità alcolica collettiva, uno sguardo in più, tu scherzi io rido, io scherzo tu ridi e bam: quanti anni hai, dove vivi, cosa hai studiato, lavori, suoni, - ah ma presentiamoci allora- complimenti, complimenti, complimenti, sfioramenti, sfioramenti, sfioramenti, e.................. BAM arriva la risposta che ti fa dimenticare anche come si chiama il tuo gatto: sono fidanzato. punto.

muori. punto.

Dovrebbero vietarli certi uomini! O almeno vietargli di uscire!

Ehi tu, non puoi accalappiarmi guardandomi  fisso fisso - occhi azzurri miei in occhi azzurri tuoi - dirmi che il rossetto no, non mi è andato via e che sei rimasto lì, in bilico sulle scale solo per conoscere me, e poi, non appena io, singol psicologicamente distrutta da un anno di spasimanti semianalfabeti, orrendi e molesti, neocatecumenali e/o omosessuali, maniaci, minorenni, disturbati e simili; inizio, timidamente a pensare che oh mio dio questo sembra normale! Non puzza, si veste potabile (ebbenesi, dopo 1 anno di singletudine le aspettative si abbassano drasticamente. Survive mode on.), carino è carino, non si atteggia, non ha la voce alla beavis and butted (come l’ultimo derelitto che ho raccattato), è laureato, ride alle mie battute e io alle sue, possiede il sacro senso dell’ironia, pare dolce, pare intelligente, pare educato, pare in possesso di un fegato non cirrotico, insomma pare che sta sera hard lemon all night long in the sky with diamonds …. Pare che lui ha la morosa!!!!!!!!!!!!!!!

No dico, ma mi prendi per il culo?!

Ma ti pare che se lo dicevi subito io perdevo due, dico due ore della preziosa vita a star qui a parlare con te di … aiuto dal pubblico? Compro una vocale? Bevo meno vodka tonic? O era l’amaro?... insomma io stavo qui a investire quore e amore su un babbeo che alla fine mi dice che PURTROPPO (sta parola mi fa reazione allergica, come il lattosio, dovrebbero bandirla, lei e quelli che la usano. La prossima volta che la sento, giuro che urlo “tagliategli la testa!!!”) lui, povera stella, ha la MOROSA.

PURTROPPO e MOROSA, non so come dirtelo, ma a casa mia non sono propriamente due parole che vanno a braccetto. Ok che tu sei un ingegnere (edile tra l’altro … lo so, lo so, cazzo di cazzo … avrei dovuto capire subito!) ma dai, mi hai dimostrato che l’italiano più o meno lo sai! O forse no …. Adesso che ci penso, mi sovviene che non sapeva il significato di “prevaricante” ( = uomo fidanzato che rompe le palle a me singol) … mmm devo sostituire il “pingue test” evidentemente …

Cmq che tu l’italiano lo sappia o no, non puoi dire PURTROPPO e MOROSA nella stessa frase, non puoi perdio! Perché altrimenti io ti devo cestinare, subito subitissimo, devo invocare lo scettro lunare di sailor moon e con il potere della luna mandarti fortissimo a cagare! Capisci?!

E, soprattutto, non puoi dirti che: si, comunque tu dopo 4 anni ti sei anche stancato di fare su e giù da casa sua, cioè che fai la vita del nomade (???) con il borsone sempre in macchina e che lei viene poco da te perché tua madre è cattiva.

Tua madre? Tuaa Madree? TUA MADRE?

Ma si può essere così fortunelle? Fidanzato e coglione tutto in una sera?

Io può, evidentemente.

ah, la fida Gina compagna di sventure del friday night che aveva puntato, in ordine: il barista gay, l'amico del barista fidanzato (merde), uomini ubriachi a caso sulle scale del locale; sta mattina, dopo avermi scritto alle 12.30 (doveva fare una presentazione a degli studenti alle 12.00) "ma zio canea mi sono svegliata adessoooo....buongiorno!" mi ha confesato di voler puntare tutto sul tipo fidanzato con la speranza che si molli presto e che userà il barista come gancio.
Al che io le ho risposto facendole notare che un gay non è proprio il gancio perfetto, tanto più che potrebbe tentare di fregarti la preda; e lei, magnifica donna del cuore qual è, mi ha scritto codesto poeticissimo messaggio:" se li vedo limonare li separerò a secchiate d'acqua come si fa coi cani".
Ti amo Gina.

21 marzo 2012

la guerra vera

La guerra vera non è quella che combatti quando due potenti imbecilli hano deciso di buttare una bomba. La guerra vera è quella che combatti nell'amore e nell'odio non comandati, sopratutto quando ritorni. Tu ritorni, Giò, col cervello ed il cuore sbranati da una ferita gravissima: ma gli altri lo ignorano perché nelle apparenze tu sei come prima. Lasciali in questa illusione. Non raccontare che sei cambiata, non raccontare la guerra che ti ha fatto cambiare.

Oriana Fallaci, Penelope alla guerra

14 marzo 2012

Che bello che è marzo però.
Quasi me ne dimenticavo.

Allora faccio un post it e me lo attacco sulla testiera del letto per l'anno prossimo:
"ricordarsi che marzo è bello"

12 febbraio 2012

vita da groupie

Ogni tanto leggo un blog che poi è un sito che parla di musica.
Musica di tutti i tipi: ascoltata, vista, ancora da venire, ricordata.
Musica di uomini e per uomini generalmente.
Nel senso che i redattori sono quasi solo uomini e parlano quasi esclusivamente di musicisti anche loro uomini.
Uomini, uomini, uomini...che palle.
Come se la musica fosse solo affar di uomini?!
No cari miei.
E le musiciste bravissimi tipo Florence and the Machine? e le giornaliste di musica bravissime tipo...insomma so che di sicuro c'è nè una...e e e le groupies dove le mettiamo?
Perché tutto sto azz di preambolo (che poi i redattori di sto sito mi stanno pure simpatici, sia chiaro) serve solo per parlare delle groupies.
Io sono stata una groupie in un certo senso.
No una gruopie seria eh, quello no...una groupie sfigata, una groupie per diritto naturale ecco.
Nel senso che stavo con il bassista.
Ero la fidanzata del fucking bassista, oramai mio fucking bassista ex.
Ho sempre pensato alla groupie come a una che ama la musica del gruppo, che sa tutte le canzoni, che non si perde un concerto, nemmeno quello nel patronato di Anguillara. Una che fa le foto ai concerti, foto bellissime perché trasudano amore e devozione, e poi si inventa la maglietta del gruppo e la indossa sempre anche due concerti di fila (uno il venerdì e uno il sabato per intendersi), anche se puzza. Sopratutto se puzza.
La groupie è un animale da back stage secondo me.
Una che si muove con disinvoltura tra ampli, casse, testate, microfoni, aste (c'è altro? scusate ma in cinque anni questo ho imparato!) e parla con tutti: il cantante dall'ego smisurato, il chitarrista ormonalmente disturbato, il batterista che disturba ormonalmente (me), il tastierista tantosimpatico, i fiati con evidenti problemi di socialità causati dall'abuso di stupefacenti, l'ex bassista nostalgico, quello di fucking ruolo, le morose degli altri, il gestore del locale, insomma tutti.
Ecco se questa è la definizione della groupie allora posso dire, con sufficiente certezza, che io non lo ero.
Per prima cosa a me la musica dei gruppi in cui lui suonava ha sempre fatto cagare perché era fuoritempo rispetto al mio sviluppo biologico.
Suonava funky quando a me il funky faceva schifo, e avrei preferito facesse metal; suonava metal quando a me aveva rotto le palle; suonava ska quando io avevo 25 anni e non 18.
In secondo luogo, io non lo seguivo in tutti i concerti; alcuni si, è chiaro, ma non tutti.
E in nessuno, dico nessuno, ho mai indossato la cazzo di maglietta del gruppo. Perché? Semplice. Il logo faceva schifo. Era fuori moda e kitsch come la Mussolini, come i pantaloni sega-chiappe di Brandon in Beverly Hills (ma io avrei voluto mi sposasse comunque), come le scarpe da avvicinamento della mia compagna del liceo, come le copertine dei libri che prendi alla biblioteca di quartiere, come i vestiti Tally Weijl, come gli occhiali di Riccardo Tesio.
Insomma colcazzo che io mi metto quella roba, ecco.
E le foto. Vogliamo parlare delle foto? Io ci ho provato, si una volta, una sola. Poi ho abbandonato sconfitta, miseramente sconfitta. E si che mi sembrava di aver avuto delle idee magnifiche! Avevo fatto delle inquadrature degne di David Lynch, dei primi piani che neanche non so...ditemi un fotografo bravo...ecco uno bravo bravo!
E invece...'na merda. Sfuocate, gialle, zero profondità.
A cosa si riduceva quindi il mio ruolo di groupie visto che non mi piaceva la musica, non facevo foto, non mettevo la maglia del gruppo e nemmeno rimanevo in reggiseno nero come-fanno-le-fighe-ai-concerti-metal?!
Comunque, riguardo a questo, io ho provato a spiegarglielo al mio ex, ci ho provato per cinque fottutissimi anni a spiegargli che se una ha una miserrima prima è inutile che stia con le tette al vento che fa cagare, sfigura contro le valchierie taglia quarta per un metro e ottanta, capello nero drittissimo e trucco dark che pogano al gods of metal!
Ma lo capisci babbeo che se io, che sono bassa meno di un metro e sessanta, capelli corti, occhi chiari, pelle chiara, tutto chiaro, senza tette, culo piccolo mi metto mezza nuda sembro la figlia idiota delle valchirie?! Lo capisci che lo faccio per te? Lo faccio per noi? Per il nostro amore? No. Non capiva. Pazienza.
Beh ma almeno sarai stata socievole con gli altri musicisti bruttastronza!? Direte voi.
E invece no.
Io ai suoi concerti mi sono sempre onestamente rotta le palle.
Trovavo stremante e inutile l'attesa, non avevo nulla da dire agli altri musicisti, alle loro fidanzate tutte molto io-sono-la-morosa-del-cantante, e nemmeno al proprietario del locale con cui bisogna fare i simpatici per forza.
Io non sono il tipo di donna che "ti seguirò in capo al mondo". Io sono una che prima vengono i cazzi miei.
Ed infatti il problema stava tutto lì: fare la, sepur tarocca, groupie mi impediva di farmi i cazzi miei.
Io amo, adoro farmi i cazzi miei, trovo impensabile perdere una giornata intera tra tragitto-montaggio-prove-sound check (che poi non ho mai capito se è la stessa roba o no)-cena merdosa offerta dal locale-concerto-smontaggio-tragitto-scopata.
Chiaro che se il concerto fosse mio (ma io ho abbandonato le velleità musicali alle medie quando mio nonno mi spacco il flauto perché non ne poteva più) o se almeno la musica mi piacesse lo farei con piacere,ma non era, appunto, quello il caso.
E adesso? Ora che groupie tarocca non lo sono più?
Me lo sono chiesta proprio l'altro giorno quando, facendo (nonlofacciopiù, nonlofacciopiù, nonlofacciopiù) la stalker delcazzo su facebook (diotimaledica) ho visto che il fucking ex bassista stronzo, di groupie, mica tanto tarocca, ne ha un'altra. Ebbene si. Solo che lei, a differenza di me, è un groupie groupie; vera insomma.
Intanto è alta, con i capelli neri e le tette grosse (non sogghignate stronzi!) quindi riuscirebbe a lottare a suon di tettate con le valchirie in reggiseno. Poi sa fare le foto. Foto carine (non vi dirò mai, mai e poi mai che sono belle!).
Lo segue a tutti i concerti e scommetto, che indossa pure la merdosa maglietta!
Ah, quasi dimenticavo: è la migliore amica del chitarrisista ormonalmente disturbato e conoscente di vecchia data di tutti gli altri.
La cosa mi ha dato fastidio all'inizio, sopratutto la parte delle foto devo ammettere.
Io sono una stronza competitiva; andrei a fare un corso di fotografia pur di imparare a inquadrare uno stupido cucchiaino da the e farlo sembrare "cool" (che lo so che lei dirà così e scriverà tutte le didascalie in inglese sotto le sue merdose foto su flickr). Però non lo farò. Lo giuro.
Insomma un po' mi infastidisce che sia più a suo agio di me nel fantastico mondo del back stage.
Ma poi o pensato...che ci posso fare se per me è proprio un problema strutturale, biologico; io non sono fatta per, ecco.
Perché:
non sei una vera groupie se ogni due minuti pensi "dio fa che finiscano" o "dio portali via che non sono degna" o ancora "no il bis no che inizia report", vero?
Non si può fare la groupie seria se sei allergica a frasi come: "due cuori e una capanna", "a me quello che decide lui va bene", "no sabato non posso perché seguo mio moroso in concerto", giusto?
E non si può nemmeno vedere concerti belli se, per amore ti si crepa la retina e ti sanguinano le orecchie a forza di cover band infime, no?
Ma sopratutto: non si può leggere Paulo Coehlo (o Fabio Volo, a voi la scelta) sorseggiando Moet & Chandon converrete con me?

10 febbraio 2012

Stetti attento, comunque, a non impegnarmi mai troppo in niente, nè nel lavoro nè nei rapporti: ero convinto che avrei potuto ricevere una telefonata di Charlie in qualsiasi momento, e di conseguenza volevo tenermi pronto a rientrare in azione. Ebbi dei dubbi persino circa l'aprire il negozio mio, caso mai Charlie volesse che la seguissi all'estero e il negozio mi impedisse di muovermi abbastanza in fretta; matrimoni, ipoteche, paternità, erano cose del tutto fuori questione. Ma ero anche realistico: ogni tanto aggiornavo la vita di Charlie, immaginavo tutta una serie di eventi disastrosi (viveva con Marco! Compravano casa assieme! Lo sposava! Restava incinta! Diventava madre di una bambina!), tanto per non lasciarmi cogliere alla sprovvista(...) Non c'era avvenimento che non potessi controllare; niente di quello che lei e Marco potevano fare mi toglieva dalla testa l'idea che la nostra separazione fosse solo momentanea. Charlie e Marco, che io sappia, stanno ancora insieme, e io, oggi come oggi, sono di nuovo solo

(Nick Hornby, Alta fedeltà)

03 febbraio 2012

Camposampiero: non è un ospedale per donne

Sara, che non si chiama Sara, è molto gentile. Carina, si, carina. Non bella ma carina. La cosa che mi piace di più di lei è la voce, una voce dolce, squillante. Tipo quella di Biancaneve. Voce per cantare con gli uccellini. Ortopanto detto da lei sembra quasi una bella parola.
Sara, che non si chiama Sara, è un’infermiera e lavora nel reparto di ortopedia femminile dell’ospedale di Camposampiero. Sara scherza con le pazienti, le ascolta, non dice mai di no; è paziente soprattutto. Paziente con i pazienti intendo dire. Che poi qui i pazienti sono le pazienti;  tutte donne tra i 50 i 90. Sono quattro giorni che giro per i corridoi, quattro giorni bagno letto, letto bagno, e di donne giovani non ne ho vista nemmeno una.
Il reparto si trova al quinto piano, area rossa. Nel tabellone che da le indicazioni per i visitatori smemorati come me leggo che c’è pure la “sala gessi”. Caspita.
Il reparto è brutto, molto brutto. Quattro quadri tentano, con scarsi risultati, di rallegrare l’ambiente. Inutile, sono brutti anche loro e poi su queste pareti sembrerebbe brutto persino il vostro quadro preferito. Mai prima d’ora avevo visto tante varietà di giallino e verde oliva, tutte ugualmente brutte. Passiamo all’arredamento: i letti sono nuovi, quelli almeno si, ma le porte no, le padelle no, gli armadietti no, i bagni no. Anzi non i bagni, il bagno. Si perché nel reparto di ortopedia femminile dell’ospedale di Camposampiero c’è un solo bagno. Un solo bagno attrezzato per 22 posti letto.
Un po’ poco direte voi. Si, effettivamente sarebbe un po’ poco anche per ventidue persone in salute. Immaginate se le ventidue persone fossero donne, tutt’altro che in salute, che si muovono a fatica con bastoni, girelli, spalle e braccia di parenti. Ventidue donne con braccia, gambe, bacino, anche mani o piedi rotti. Ora provate a pensare se queste ventidue donne avessero un’età compresa tra i 50 (poche, vi assicuro, poche) e i 90. Ci avete pensato? Ve le siete immaginate?
Bene. Ora pensate a queste ventidue donne che devono andare al bagno, farsi il bidè e anche la doccia se rimangono qui per molti giorni.
Pensate a delle donne incontinenti; ventidue donne incontinenti che usano il bagno ed il bidè con una frequenza per noi inimmaginabile, e vorrebbero farlo con un po’ di privacy, in maniera decente, dignitosa, perché essere vecchi non significa non avere una sessualità o organi genitali.
Se proprio vogliamo esagerare provate ad immaginarvi mentre reggete vostra nonna, ottantaseienne, incontinente con lesione alla spina dorsale che deve, ora subito, immediatamente, andare al bagno. La aiutate ad alzarsi dal letto, piano, mi raccomando piano; avanzate con la stessa velocità di crociera verso il bagno e finalmente, davanti l’agognata porta, una settantenne in carrozzina vi taglia la strada e vi ruba il bagno. Cosa fate? Dove la portate? Ecco la situazione è più o meno questa.
Cosa c’entra Sara, che non si chiama Sara? Centra perché mi ha detto un segreto. Sara mi ha detto che due metri più in la, dopo la porta con la targhetta “ortopedia maschile” c’è un reparto nuovo, nuovissimo: porte nuove, pavimenti nuovi, colori nuovi, televisione in ogni camera (e non dite che a voi non interessa, che tanto non la guardate! Provate a pensarvi a 70 anni con la catarratta che vi impedisce di leggere i libri e una gamba rotta...forse vi interessa vero?)e bagni. Si bagni, plurale. Perché il segreto è che nel reparto maschile ci sono bagni in ogni camera, bagni con doccino così ci si può fare il bidè direttamente seduti sul water.

Bagni in ogni camera per uomini la cui età media è non 70 ma 40 anni. Uomini per cui usare il pappagallo è molto più facile che per le donne usare la padella. Uomini che a guardare bene la situazione forse hanno meno bisogno di bagno in camera e doccino, rispetto alle nostre ventidue signore.
Tant’è che il reparto nuovo è per loro.
«Ma Sara, chi l’ha deciso? Perché è stata fatta quest’assurdità?»
«E’ stato il capo sala che è un maschio…insomma, uno stronzo»  dice lei.
«Maschilista» la correggo io (anche stronzo comunque)
«E’ talmente stronzo che le carte di dimissioni per le donne sono le stesse degli uomini perché non vuole sprecare carta e tempo per dei fogli intestati “ortopedia femminile”. Per lui le donne non esistono.»
«E non si può fare niente?» chiedono le signore in coro
«No» risponde Sara, che non si chiama Sara, con la sua voce da Biancaneve che però questa volta, gli uccellini li avrebbe fatti scappare via.

30 gennaio 2012

la via degli orologiai (o cosa di tanto tempo fa)

Questa è la via degli orologiai. Ci sono le botteghe dei più vecchi orologiai della città. Orologiai artigiani. Guarda che belle! Lo sapevi? Le avevi mai notate?
Scuoto la testa – per dire no no -  tra me e me – e forse anche perché non mi interessa molto. Mi sembra una cosa in più, una curiosità vizza, così poco consona al tuo aspetto. E così la lascio scivolare via tra i pensieri  poco importanti e non ci penso più …
Fino ad oggi. Oggi passando per quella via stretta ad un altro lui, penso a quella frase e vorrei dirla all’uomo che mi sta seduto di fronte ma poi mi freno. Mi freno perché se narrassi a lui quell’aneddoto curioso, libererei il pensiero di te.
Non ricordo molto di quel giorno; quattro anni non sono tanti ma nemmeno pochi. Certi ricordi sono fragili, mancano della concretezze che gli dà l’attenzione subitanea. Il ricordo degli orologiai è uno di questi.
Ricordo io dietro di te in vespa, il vento quello si me lo ricordo. Ricordo che avevamo da poco iniziato il primo anno di università. Tutti e due. Stessa età, stesso liceo, stessa classe, stessi amici. Stesso stupore per tutto quel nuovo che ci veniva incontro, che ci ingoiava. Tu eri giovane e fresco, avevi lunghi riccioli scuri e labbra morbide e piene. Labbra da baciare si dice, ma se lo dico delle tue (com’erano allora) non è per ossequio ad un detto trito. Le tue labbra erano per me irresistibili. Mai più ho dato e ricevuto baci che facessero scattare con tanta repentinità la voglia di fare l’amore.
Per me il bacio non è e non è mai stato accessorio. Mi piace baciare ed essere baciata di quei baci lunghi e struscianti- da adolescente dice il mio lui d’oggi- che ti lasciano umida fino al naso.
Forse cedo troppo all’idillio del ricordo ma mi piace pensare che quei baci che ci davamo erano così belli perché la tua bocca era proprio quella giusta per la mia, così per la lingua, per la consistenza della saliva e anche per i denti ... quel dente, quarto da sinistra che avevi ancora di latte.
Allora mi infastidiva quel tuo difetto, forse perché tu per me eri prima di tutto bello. Del mio lui d’oggi accetto tutto senza fiatare: il naso all’ingiù, le orecchie e i denti sporgenti, tutto. Di te nemmeno quel piccolo dente di latte. Solo uno. No, nemmeno quello.
Stonava  e quasi inconsciamente maledivo tua madre per quel difetto genetico (si perché ce l’aveva anche lei). Io ti volevo perfetto come nelle foto migliori.
Mi sono sempre detta senza pretese ma senza pretese in realtà non lo sono mai stata … intransigente mi dicevi (e me lo dici ancora oggi … ma questa è un'altra storia), ma poi ci ridevi sopra con me perché ti divertiva avere una ragazza decisa. Decisa dicevi, ma poi io, da sola, ho scoperto che ero solo impaurita.
Impaurita di tutto quello che non andava in me e che non sapevo proprio se avevo la forza di cambiare, di migliorare … e allora molto meglio il neo-esistenzialismo di maniera. Tutti sono stati esistenzialisti a 19 anni. Vero ma non solo...
Mi chiedo oggi se io avessi rivelato a te quei discorsi che mi tenevo dentro come sarebbe finita. Se io avessi scaricato su di te la stessa intransigenza che rivolgevo agli altri, tu che avresti fatto? La realtà è che non lo so, non lo posso sapere, e tuttavia mi trovo a sperare, ancor’oggi, in una tua decisa presa di posizione che mai avresti potuto assumete, soprattutto con me.
Penso a quella mattina ( o pomeriggio, non lo so più) ventosa in motorino, ai tuoi pensieri profumati. Quale ragazzo di 19 anni bello e atletico, con i riccioli neri, le labbra carnose, gli occhi pensierosi,  pensa alle vecchie botteghe degli orologiai?!
Forse fu così che inizia a pensare che di stonato non ci fosse solo il dente di latte …
E invece tu ci pensavi … chissà quante erano le cose che pensavi e non mi dicevi. Ti sommergevo con le mie chiacchiere. E tu zitto. Mi avessi preso e scosso forte per le spalle, sbattuta da parte, urlato smettila … forse non avrei visto stonato più nemmeno il dente di latte. Chissà.
Oggi sono qui a tentare di restituire consistenza ad un ricorso e tuttavia non ci riesco. Fatico a riprenderlo perché non so nemmeno io bene dove sia. Banalizzato, ecco come l’ho trattato. Il ricordo e pure te.  E ora pretendo di recuperarlo intatto come lo vissi allora.
Ci provo, ci provo: Io e te in vespa, io dietro, lungo via Cesare Battisti, ora di pranzo – si, mi sa di si perché le serrande erano abbassate- mi pare di ricordare che dicesti “quando sono aperte puoi vederli che lavorano, fai attenzione la prossima volta che passi”. Fare attenzione ….. e di nuovo mi distraggo, mi sfugge.
Allora: io e te in vespa lungo via Cesare Battisti, ora di pranzo, direzione facoltà di scienze statistiche dell’università di Padova … quanto l’ho odiata quella facoltà. Io mi ero iscritta a lettere invece, un po’ perché non sapevo che altro fare un po’ perché mi credevo una “ poetessa della domenica”… ovviamente allora non credevo di essere “della domenica” (non conoscevo nemmeno Sereni all’epoca, figurarsi l’apparato critico del meridiano). Dall’alto del mio scranno, domenicale appunto, guardavo te e i tuoi compagni con estrema sufficienza. Non che oggi io li consideri persone ragguardevoli … forse però proverei a conoscerli, proverei a trovarci almeno un po’ di buono. Ma allora no. Allora era inconcepibile. Quando dovevamo uscire con loro, io mi preparavo per ore per fare colpo con discorsi aulici e culturalmente ispirati, poi si usciva e questi nemmeno mi badavano, si ubriacavano in bar molto poco stilosi e via, via che il livello alcolico cresceva, cresceva anche l’imbarazzo che i loro comportamenti suscitavano in me.
Banalità e cattivo gusto, ecco cos’erano per me gli studenti di scienze statistiche. Va da se che se tu stavi con loro, e già avevi un dente di latte fuori posto, le cose stonate aumentavano.
Di nuovo: Io e te in vespa, vespa grigia, con il bauletto se non erro, lungo via Cesare Battisti, più o meno l’ora di pranzo, diretti alla tua facoltà. Tu ti volti verso di me dolce (si perché dire dolce di te non è retorica), mi sorridi, anzi accenni un sorriso: alzi in maniera impercettibile gli angoli della bocca e il tuo viso si fissa in un’espressione beata … quell’espressione da risveglio del mondo mi viene da dire. Penso ai sorrisi così che mi avrai rivolto in tre anni e mi maledico per tutti quelli che mi sono lasciata sfuggire, che non ho apprezzato, che non ho gustato. Perché non notavo che quando sorridevi così i tuoi oggi raggiavano dolcezza? Quella dolcezza che 4 anni fa era per me e io la buttavo alle ortiche perché ne avevo troppa.
Io e te in vespa, lungo via Cesare Battisti, era inverno penso, o forse no, perché di solito non mi piaceva girare in vespa d’inverno. Ti volti, mi sorridi mi racconti che lungo quella via ci sono gli orologiai più antichi di Padova, che fanno il lavoro tutto loro e che se passo durante l’orario di apertura posso vederli lavorare dalle piccole vetrine che, passando ora in velocità dietro di te, mi sembrano affumicate. Lo dici per farmi entusiasmare, per coinvolgermi, o forse stai cercando di attrarre la poetessa della domenica, la studentessa iscritta al primo anno di lettere moderne. Non ti bado io, penso ad altro. Come ho sempre fatto fino a poco tempo fa, fino a quando ho capito che vale comunque la pena di tentare … di migliorarsi.
Penso forse a quanto è grosso il libro di latino che devo studiare, o forse a mia madre che se torno tardi recriminerà per giorni, o più banalmente al fatto che ho freddo alle gambe sotto i jeans leggeri e non vedo l’ora di arrivare a sta benedetta facoltà. Penso che è meglio che guardi la strada che via Cesare Battisti ha così tante laterali e la gente a piedi non guarda mica sai! Penso che a me degli orologiai non me ne frega niente, che è una curiosità da vecchi, stantia, come i loro vetri scuri e sporchi. Penso che potevi dirmi qualcosa di meglio. Penso che non penso nemmeno per un attimo di darti attenzione di cullare il tuo pensiero, di annusarlo, di sbirciarci dentro così come avrei dovuto fare in una di quelle botteghe.
Me lo dici perché stanno chiudendo, perché è tardi … se non ora quando avrei potuto vedere il lavoro di un artigiano orologiaio? Ma a me non interessa. Ah ok e chiudo lì.
Non l’ho più percorsa a piedi via Cesare Battisti, solo di recente ci sono passata due o tre volte in motorino. Una con il mio lui d’oggi e due con un amico d’oggi a cui però racconto molto del mio ieri … eppure nemmeno a lui ho raccontato degli orologiai. E’ un pensiero che ho tenuto per me, l’ho tenuto stretto, felice di averlo recuperato in chissà quale piega dimenticata del mio cervello. Ho quasi esultato, perché per me strappare qualcosa al deterioramento della memoria è una piccola sfida vinta. Vinta contro di me e la mia fallacità … certi vizi di onnipotenza sono duri a morire, ma perlomeno oggi sono più innocui.
Penso che ci passerò prima o poi a piedi per via Cesare Battisti. Non so se avrò il coraggio di entrare nella bottega di un orologiaio, ma sicuro che ci guarderò dentro, e spero non sarà durante l’ora di chiusura.

domenica ventosa

Domenica di cazzeggio. Domenica ventosa.
Vento che spazza via i brutti pensieri, vento che spazza via me...

Ieri c'era lui che non mi piace ma mi guardava di sottecchi e fa piacere comunque perchè, come dice la Desi: " Non importa che abbia cinque o ottananni e nemmeno che sia paralitico. Uno spasimanete fa piacere sempre" ed è vero.
C'era la Giuzzi che è di quelle persone che ti accarezzano anche senza usare le mani. Di quelle che ti fanno fermare, prendere fiato perché vicino a loro ti senti al sicuro.
E la Maddalena che ho imparato che non la puoi chiamare ne con il nome esteso ne Madda, ma solo Maddi o con il cognome storpiato e penso che me lo ricorderò perché mi fa sorridere, perché non l'ho ancora capita e secondo me dentro ha qualcosa che quando la vedi dici: ahhhh allora era per quello!
E la Gina, che è la Gina, che capisce che ho bisogno di gente intorno senza che glielo dica, che non ha bisogno di me per niente, neanche per aprire i barattoli ma mi cerca uguale. La Gina a cui ieri ho confessato che la prima volta che l'ho vista da dietro mi stava in culo perché era bionda con gli occhialoni da vamp. Poi però si è girata e aveva la maglia con i diavoletti nelle varie posizioni sessuali e fu subito amore.
E poi c'era quello lì che una volta mi stava antipatico perché io gli stavo antipatica e invece deve aver fatto la pace con me senza che io lo sapessi perché ora, anche se rimane scemo, mi tratta bene e insomma sono cose che ti rendono felice. almeno a me si.
Ma su tutto e su tutti c'era Fabio. Fabio che pensavo di aver perso e invece eccolo qua che mi chiama "piccenina" e mi manda i messaggi da un capo all'altro del tavolo per chiedermi se sono stanca, se voglio che andiamo. Fabio che mi scrive "cucciola" e, lo so, che a me ste robe di solito non piacciono, che dico che mi fanno venire il colesterolo, però se non te le dice mai, proprio mai nessuno, allora va bene.
Fabio che mi offre le sigarette perché di si. Fabio che quando lo riaccompagno a casa mi chiede quando ci rivediamo.

Ieri gli amari non mi hanno nemmeno fatto venire il mal di testa.

"Ma la sambuca è un amaro?"
"Non so...ma facciamo finta di si"

E allora facciamo finta che è sempre domenica e c'è sempre vento.

26 gennaio 2012

giornata con il mal di gola

Ma se trovi la fermata del bus in una città sconosciuta, allora vuol dire che ci sei?

E mica sbagli lato, nossignore! Lato giusto, fermata giusta e un berretto familiare ad aspettarti lì. Colonne di San Lorenzo. Ciao Fra.

Mi piacerebbe...davvero.
Ma forse si parte anche da qui, forse bisogna passare per giornate al buio, giornate con il mal di gola e le porte che sbattono perché il cretino di turno le ha accostate male. ecciù.
...e i microfilm che non girano, le annate che non corrispondono, -ma si rende conto che è un giornalista? ma cosa scrive questo?- tra me e me, fame sonno sete pipì che trattengo sennò perdo il posto...

Poi però penso che io con i bus, i tram, quelle robe lì, una certa confidenza in fondo ce l'ho...insomma sono una veterana dei mezzi pubblici, del biglietto che dove l'ho messo...insomma non vale. Non vale?

Uffa. e io che speravo di si.

Speravo che è per quello che ora mi sento più leggera e ieri manco riuscivo a respirare...che ieri per un attimo mi è girata la testa e ho sentito le gambe molli molli...ieri che mi sembrava di essere tornata indietro, chiusa nel mio letto, stretta sotto le coperte, ginocchia al mento, braccia che fanno male da quanto ti stringi...stringi per restare, perchè tutti pensano che sei ferma e invece tu lo sai che un movimento c'è: giù giù giù giù e allora ti stringi le gambe, le braccia, le labbra anche.
Ecco io ieri pensavo che a letto dovevo stringermi e invece alla fine ho allungato le braccia e anche oggi, non so come, ma l'ho fatto.

L'ho fatto.

E sabato? sabato chi lo sa....sabato è una chiromante a cui non chiederò la risposta, sabato sono io che sbatto la testa come al solito, che inciampo e mi rialzo. Si che mi rialzo
Comunque vada mi rialzo. Chiaro

25 gennaio 2012

direzioni

E da qui dove si va?
Destra o sinistra?
........
e di nuovo mi perdo anche se so che non posso, che non si fa, proprio no.

Io sono qui e sto ferma. Non mi muovo, non abbandono le posizioni raggiunte, sta volta no, nosignore. Stavolta è per me.
E continuerò a battere sui tasti sia chiaro, ad affannarmi tra appunti incomprensibili e tra fogli che scompaiono e riappaiono nel mio disordine.
Il destino, la fatalità...dicono...e forse lo dico anch'io o forse dico solo ok, va bene -respira- è così.
Dico che sta sensazione di vertigine la voglio allontanare che poi mi fa perdere tutto quello che stringo tra le mani...mi fa scivolare via da me anche; divento liquida liquida, scivolosa come una anguilla. Io ci provo anche un po' a tenermi, a prendermi per le mani, poi per le braccia, e infine anche per i capelli, si proprio i capelli....ma scendo, scendo...scendo.
Ma io in fondo al pozzo non ci voglio stare più.
Tienimi su. Tieniti su.
Me lo dico, me lo ripeto
Ci credo, lo faccio...a giorni si...a giorni no.
A giorni anche.

22 gennaio 2012

Un po' sono morto, quando mi ha lasciato Amanda.
La vita, però, non ci ha creduto che fossi un po' morto ed è andata avanti lo stesso, senza il mio permesso.
Finchè a un certo punto gliel'ho dato 
(C. Gamberale, L'amore quando c'era

11 gennaio 2012

Cose da togliere. Cose da ricordare

Mi devo ricordare di ricordarmi le cose da non fare.

Dovrei mettere una trappola, tipo quelle dei topi, no non quelle con la colla che poi ci rimarrei invischiata ancora di più; intendo quelle con la molla che quando ci si appoggiano per prendere il formaggio lei scatta e...si, effettivamente anche quella li intrappola, però io, se so che c'è, mi avvicino e basta.
 Non la tocco mica perché ho paura di farmi male...che poi male me lo faccio lo stesso, come da piccola quando correvo con la bici sul ghiaiano e lo sapevo che se frenavo con quelli davanti poi inchiodavo e cadevo, ma io niente! Dovevo frenare con quelli, convinta che questa volta no, non mi sarei fatta male; avrei solo provato l'emozione di una frenata potente, una frenata come si deve...che mi sa pure che fingevo di avere una moto come occhi di gatto o roba così chi lo sa...
E invece cadevo ogni volta. E mi facevo male.
Non c'è una foto delle mie estati in cui io abbia le ginocchia sane.
Che poi ero pure brutta con quei vestitini da bambina e le ginocchia sbucciate...grosse croste rosse e spesse...ma io mica me le grattavo via! fossi matta! Che schifo. Io le lasciavo lì, anche a penzoloni, finché non si staccavano da sole e la pelle sotto era tutta bella rosa e liscia; non livida e sottile come quella che vedevo sotto le ferite dei miei amichetti che mentre gli parlavi non facevano che grattarsi.
Forse è per questo che ho l'abitudine a trascinare le cose, a portarle allo stremo, finché non si staccano da se. Come i denti. Anche quelli mica me li toglievo! Li lasciavo lì, con sotto il dentino nuovo e me ne andavo in giro fiera con i miei due denti.
Ricordo che del canino mi ero proprio affezionata perché riuscivo a fare il conte Dracula. Poi mia mamma ha detto che facevo schifo e me l'ha staccato mentre mia zia mi teneva ferma e io scalciavo.
Ma i dentisti dicono che i denti vanno tolti perché sennò l'altro cresce storto.
Ho sempre ascoltato poco in effetti. Sopratutto i dentisti.