25 settembre 2012

Ale ieri, chiaramente prima che si sbronzasse di whiskey e iniziasse a bestemmia e battere i pugni sul bancone chiedendone dell'altro, ieri Ale ha detto una cosa vera: che la fine delle cose belle non si preannuncia mai, non da il preavviso, non bussa ne manda avvertimenti.
Oggi c'è e domani manco te ne ricordi più di quel senso di familiarità lì.
Lui si riferiva alle nostre cene tra ex colleghi, io no.
Io lo ascoltavo, annuivo e dentro di me pensavo ad altro.
Pensavo che so a memoria i posti in cui parcheggi e che anche ieri ho fatto il giro lungo per prendere la tangenziale e un po' ho gioito che le tue finestre fossero chiuse e la macchina posteggiata alla fine della via e tu a letto, morbido col naso chiuso.
Io pensavo che il 25 agosto stavo sul tuo divano e poi sul letto e poi in tutti i posti della casa dove facevamo l'amore, e poi basta.
Io pensavo che venerdì aprivo i cassetti sapendo dove trovare le cose, piegavo lenzuola sapendo dove riporle e che oggi già non lo faccio più e forse nemmeno domani e mai.
E poi ho pensato che forse tiro il fiato se penso che come vale per le cene così vale per l'amore. Che prima c'è e poi non c'è più. Che ci trovavamo ogni settimana e poi siamo esplosi come il mercurio del termometro che lo rompevo apposta per vedere l'effetto che faceva e toccarlo anche se mia mamma diceva no.
Provaci tu a rimettere insieme un termometro!
Ci si vota all'insuccesso e poi, come dicono loro, la si chiama sfortuna, così, tanto per sentire meno male.

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